Dottrina breve
Walter Amirante
« Presto dimenticherai tutto ; presto ti dimenticheranno tutti. »
(Marco Aurelio, Pensieri, Libro VII, 21)
« Per il conseguimento della verità, qual è la cosa più importante? »
« Lo strenuo esercizio è la cosa più importante.
Chi non sa estrenuamente esercitarsi, non può conseguire la verità. »
(Majjhima Nikaya, Discorsi medi del Buddha)
AVVERTENZE UTILI E NECESSARIE
I. Il mio sistema filosofico si presenta come ripresa, sintesi e variazione di idee esistenti, e come presentazione di idee originali. Per quanto riguarda la ripresa vi sarà, messo tra parentesi, il nome o la disciplina a cui faccio riferimento (ma non se i concetti fanno parte del bagaglio di conoscenze palesi e acquisite, che il lettore deve aver assimilato). Mentre le idee originali verranno segnalate, sempre tra parantesi, nei varj riepiloghi. In assenza di ulteriori indicazioni, si avrà a che fare con idee preesistenti sintetizzate o variate (qui i ricercatori accademici potranno divertirsi, vedendo in che modo ho voluto, e ho potuto, rielaborare). Se poi, involontariamente, avrò detto qualcosa che già altri hanno profferto, valga quanto Seneca disse di Epicuro : « Quod uerum est meum est. » E ancora : « ...quae optima sunt esse communia, » (Epistulae ad Lucilium, XII).
II. Le idee che tratto qui sono « fondamentali », nel senso che sono idee di « base » - da qui « dottrina breve », a cui farà seguito una « dottrina copiosa » dove verranno approfondite le questioni più problematiche (molte delle quali sono comunque già affrontate nei miei Skeches filosofici, saggi o articoli).
III. Ho volutamente fatto uso della ripetitività delle definizioni, che spesso ritornano quasi in modo assillante, con lo scopo di favorirne meglio l'assimilazione ; non è quindi un errore di stile.
IV. Non dimenticare mai, gentile lettore, che la filosofia non è per pochi eletti e che, come scrive Cicerone (richiamando Pitagora), essa è studium sapientiae, ovvero amore del sapere (De officiis, II, 5). Ma non un amore fine a se stesso. Quello infatti che ricerchiamo è un sapere che ci conduca alla verità : la verità ultima. Rifuggi sempre da quelle filosofie oscure, ostiche, e inutili. Infatti chi ha la mente confusa ha per conseguenza una scrittura difficile e incomprensibile. La vera filosofia ricerca sempre, per dirla con Schopenhauer, luce e chiarezza.
V. E ricorda : il compito della filosofia non è quello di confermare le tue idee preconcette, i tuoi pregiudizi, o i tuoi interessi. Quando anni fa, parlando ad uno pseudo-filosofo, dissi : « E se Spinoza avesse ragione ? » Questi mi rispose, senza vergogna : « E io che ci faccio col dio di Spinoza? » Il piccolo uomo voleva utilizzare la filosofia per i suoi sporchi interessi : voleva essere amato da esseri immaginari, vivere in una luce beata, per sempre. La sua massima aspirazione era quella di sopravvivere darwinianamente ma su scala ultraterrena, lui, con la sua personalità, la sua memoria, il suo io tutto intero... Queste sono persone che nulla hanno a che fare con la filosofia e vivono la loro propria vita nella menzogna. Non solo : insegnano e rovinano intere generazioni.
Ma è tempo ch'io taccia. La filosofia chiama. La verità ci parla.
Walter Amirante
DELLA VERITÀ ULTIMA
All'amico e poeta
Giovanni di Ventura
L'opera si divide in due parti :
1. « Della natura », ovvero della conoscenza del male (libro I, II e III) ;
2. « Della liberazione », ovvero della via pratica che potrebbe condurre ad una relativa felicità (libro IV).
LIBRO I
1 La realtà è la verità ; la verità è la realtà.
2 Veritas, in latino, significa infatti realtà.
3 La realtà è formata da ciò che si vede e da ciò che non si vede, che è al di là.
4 Ciò che è al di là è sempre la realtà (ad esempio il mondo atomico).
5 Per « metafisica » si deve intendere ciò che è al di là della fisica : il mondo atomico e subatomico.
6 Per « natura » si deve intendere la realtà a tutti i livelli, cosmici e microcosmici.
7 « Realtà », « verità », « natura », « materia », « essere », sono sinonimi.
8 La spiritualità è un sentimento generato dall’animale uomo, ovvero dalla realtà.
9 « Metafisica » dunque è ciò che è al di là della rappresentazione. Ma la rappresentazione non è illusione : essa è comunque la realtà. Al di là della realtà che vediamo, c’è sempre la realtà. Al di là del mondo atomico e subatomico c'è la realtà originaria.
10 La metafisica è anche conoscenza dei meccanismi del mondo atomico e subatomico, alla quale si perviene attraverso le discipline tecniche chiamate « fisica delle particelle » e « fisica quantistica ».
11 La fisica (classica) o metafisica, intesa come scienza, è mera « tecnica », « strumento », o, per usare un’espressione del passato, « ancilla philisophiae ».
12 Un filosofo deve conoscere la fisica atomistica greca, la fisica classica, delle particelle e quantistica, le quali gli permettono di indagare il mondo « metafisico ». Mentre un fisico ignaro di filosofia, che la trascura, o che non sia anche filosofo, non è niente.
13 In questo mondo ci sono leggi paradossali che forse non riusciremo mai a comprendere.
14 Per comprendere « tutto il sistema » noi dovremmo essere quel « sistema », e non lo siamo.
15 Dunque il nostro obiettivo dovrà essere quello di conoscere « quanto più possibile », e colmare il restante con deduzioni quanto più basate su quello che sappiamo per certo.
16 La realtà è paradossale.
17 Per « paradossale » non bisogna intendere il paradosso linguistico o logico (che spesso è un arifizio speculativo), ma « ontologico ».
18 La realtà è un « paradosso ontlogico ».
19 Per « ontologia » deve intendersi ciò che Aristotele intende : l’« essere in quanto essere ».
20 L’essere in quanto essere è paradossale.
21 Se osserviamo la vita di un buco nero dal di fuori di esso, dalla sua nascita sono trascorsi quasi 14 miliardi di anni ; ma se avessimo avuto la possibilità di stare all’interno di esso fin dal suo concepimento, avremmo visto passare soltanto un millisecondo (Rovelli).
22 C’è quindi una realtà in cui miliardi di anni coesistono con una stessa realtà fatta di millisecondi.
23 Questa situazione è sconvolgente dal punto di vista scientifico e filosofico.
24 Se riflettessimo davvero su questo, anche il pensiero fantastico che esistano gli dèi o un unico dio, risulterebbe insignificante. Così come risulterebbero insignificanti tutti i falsi problemi della vita.
25 L’esistenza di questa situazione mette in crisi qualunque sistema scientifico e filosofico.
26 E tuttavia, un sistema, sia esso scientifico o filosofico, che non abbia la capacità di « generare da sé la crisi di sé », non potrà mai farci accedere alla realtà.
27 La crisi è dovuta al fatto che nulla è più sicuro fuorché il paradosso.
28 I paradossi sono innumerevoli (vedi ancora quelli sul tempo, della fisica quantistica, etc.).
29 Il paradosso ontologico opera su due livelli : 1. Cosmico ; 2. Animale e quindi umano.
30 Dal paradosso nascono e si arricchiscono i dubbi e le questioni d’importanza strutturale.
31 Esempio : è probabile che l’universo sia stato generato dalla natura stessa attraverso una fluttuazione quantistica. Questa fluttuazione si è generata da un « vuoto quantico ». Ebbene, se anche fosse vero, questo campo di vuoto dovrebbe essere « infinito », affinché possa ospitare un universo « finito » che si espande. E quanti universi può generare un vuoto quantico ? Questi universi possono scontrarsi l’uno con l’altro ? Perché il vuoto quantico ha generato un solo universo ? E se ne ha generati diversi, com’è possibile che non avvertiamo l’effetto d’uno scontro ? Possono scontrarsi ? E se si scontrano, e non ne avvertiamo l’effetto, forse è perché gli altri universi sono costituiti di materia diversa ?
32 Poniamo però il caso che non vi sia un « vuoto quantico » e che l’universo che conosciamo sia unico ; ebbene, se esso è « finito », in che cosa si sta espandendo ? E se è « infinito », come fa ad espandersi ?
33 Tuttavia è plausibile, come nel caso del buco nero, che possa esistere un universo infinito che si espande in un’altra infinità. Tale affermazione non sarebbe ricevibile in logica (poiché l’« infinito » è infinito e non può supporre un’altra infinità). Ma la logica è linguaggio e spesso il linguaggio non riesce né a raccogliere né a contenere la realtà.
34 Al contrario, tale argomento risulta assolutamente ricevibile se si tiene conto del « paradosso ontologico » (che è un fatto scientifico). Perché ? Perché così funziona la realtà e la realtà è la verità.
35 Ho scritto « plausibile », tuttavia dichiaro con sicurezza che la mia idea è che l’universo sia infinito e si espande in un’altra infinità.
36 L’universo è infinito, è generato dall’infinito e si espande in questo infinito all’infinito, verso l’infinito.
37 Nell’espansione infinita l’universo subisce una trasformazione infinita ed eterna.
38 Io dico « generato dall’infinito » ma non ritengo che questo sia necessariamente il « vuoto quantico » con le caratteristiche che gli si è dato.
39 La mia idea è che ciò che c’è prima del nostro universo sia una « sostanza materiale infinita ».
40 La sostanza materiale infinità è la realtà originaria.
41 Se la scienza scoprirà che tale sostanza corrisponde in tutto al vuoto quantico, nos gratias naturae agemus utcumque.
42 L’idea nasce da un ragionamento : l’uomo è apparentemente « finito » e genera individui « finiti » ; ma se l’universo è infinito non può che essere stato generato da una sostanza materiale infinita.
43 L'infinito non può che generare infinito.
44 Così come nell'induismo (o sarebbe meglio dire induismi) le divinità sono infinite, poiché essendo Brahman infinito, non può che generare divinità infinite (Pasqualotto). Come dicono i francesi : les chiens ne font pas des chats.
45 Che l’universo infinito generi poi, al suo interno, « materia finita » è altrettanto un paradosso. Tuttavia è solo un paradosso, per l’appunto, « apparente », perché solo la forma cessa di esistere, è cioè finita, e si trasforma.
46 La materia finita è composta da atomi ; questa materia ha una forma (l’uomo, un albero, etc.) ; questa forma muore e si trasforma. Gli atomi avevano un’organizzazione ; questi atomi si disgregano per tornare alla natura e prendere una nuova forma.
47 « Sono costituito da un principio causale e da uno materiale, e nessuno dei due si risolverà mai nel nulla, come nessuno ha avuto origine dal nulla. Quindi ognuna delle parti di cui sono composto sarà trasformata in qualche altra parte dell’universo, e questa a sua volta in un’altra, e così via all’infinito, » (Marco Aurelio, Pensieri, Libro V, 13)
48 Inoltre Marco Aurelio intuisce, senza dirlo, il « paradosso ontologico, quando scrive, subito dopo : « Nulla impedisce che si parli in questo modo, anche se l’universo è regolato secondo cicli finiti ».
49 Questa verità (la trasformazione) era già stata proclamata dal buddhismo, poi confermata dalla chimica (Lavoisier) e dalla fisica (legge di conservazione della massa).
50 Ebbene, da questo punto di vista, la « reincarnazione » non è altro che trasformazione (ma all’infinito) della materia.
51 Introduciamo qui dunque il concetto (o meglio la realtà) di « morte formale di tutte le cose », non quindi « sostanziale ».
52 Tale concetto viene stravolto dagli esseri umani attraverso la mitologia (pagana, cristiana, o altro), la quale inventa sistemi in cui l’uomo non muore, ma resuscita salvaguardando il corpo, la coscienza, l'identità individuale ; oppure solo la coscienza o l'anima (per quanto vago sia questo concetto).
53 Di tutto ciò parleremo in seguito. Per ora basti sapere che la « vita eterna » esiste ed è la « trasformazione all’infinito » di tutte le cose e nient’altro.
54 La trasformazione all’infinito della materia è tale perché l’universo è infinito e tutto ciò che produce o genera è condannato alla trasformazione infinita ed eterna.
55 L’universo stesso si trasforma nell’eternità e genera materia con cui condivide lo stesso destino.
56 Tutto ciò è conseguenza strutturale del paradosso ontologico.
57 La trasformazione è mutamento.
58 « Temere il mutamento ? Ma che cosa v’è di più caro e familiare alla natura universale ? Tu stesso, potresti forse farti il bagno caldo senza che la legna si trasformi ? O nutrirti senza il metabolismo degli alimenti ? E quali altri operazioni utili potrebbero mai compiersi senza il mutamento ? Non vedi, allora, coe anche il tuo stesso mutare sia della stessa specie e ugualmente necessario alla natura universale ? » (Marco Aurelio, Pensieri, Libro VII, 18)
59 (Scienza e filosofia sono due facce della stessa medaglia : l’una è il braccio, l’altra è la mente).
60 (Questa è una conseguenza del pensiero atomistico greco, che ha avuto la meglio sul pensiero platonico).
61 (Dicendo « filosofia » si suppone che dietro vi sia una scienza, e viceversa).
62 (Qualunque sistema filosofico che non parta dalla realtà o non poggi sulla ricerca scientifica è – letteratura).
63 (La teologia è letteratura di secondo ordine, spesso di terzo e quarto).
64 (Ogni rappresentazione è realtà, ma spesso le cause di essa si celano al di là della rappresentazione).
65 (La filosofia, attraverso l'intuizione, può e deve risolvere problemi di carattere ontologico e finanche scientifico. Democrito non ha certo aspettato che la scienza scoprisse l'atomo ; né io aspetterò che qualcuno scopra empiricamente ciò che c'era prima della nascita dell'universo. Ma ogni intuizione deve partire dal sensibile, non ragionando su concetti astratti e fantasie campate in aria, frutto quasi sempre di ignoranza e superstizione).
66 (Tuttavia la filosofia può rivendicare l'anticipazione geniale dell'idea, ma deve assolutamente ricercarne la conferma empirica, se aspira alla verità. Questa conferma può avvenire subito o dopo secoli).
67 (Il paradosso ontologico è la verità. Ed è verità il riconoscimento che tutto, nel mondo, è male - quest'aspetto sarà compreso più avanti. Mentre la sostanza materiale infinita, da cui tutto ha origine, è una mia intuizione filosofica basata sul concetto di sostanza di Spinoza e il vuoto quantistico).
68 (La mia sostanza è materiale, infinita, ed è prima del mondo e causa del mondo. La sostanza di Spinoza è il mondo stesso ed è causa di sé. Ritengo questa differenza fondamentale e non va fatta confusione. La mia non è esattamente una rielaborazione, anche se appare tale).
69 L’universo nasce perché « ciò è il suo destino ».
70 La sostanza materiale infinita (ed eterna) ha una « volontà cosmica infinita » (ed eterna).
71 La volontà cosmica infinita « vuole se stessa » (non esattamente nei termini insegnati da Schopenhauer) ; infatti essa non è solo « cieco impulso » : è irrazionale e razionale al tempo stesso.
72 Crediamo che, nella realtà, l’irrazionalità sia quantitativamente preponderante rispetto alla razionalità solo perché l’irrazionalità, che è il male, è qualitativamente più potente. Ma questo discorso, come vedremo, non rispecchia la realtà delle cose. Perché ? Perché l’irrazionalità è male, ma lo è anche la razionalità.
73 Il senso dell’universo consiste nell’atto di realizzare la sua propria potenza.
74 Il « senso » di tutte le cose generate dall’universo è altrettanto quello di realizzare la loro propria potenza.
75 Per « potenza » si deve intendere « vita, morte e trasformazione all’infinito e nell’infinito ».
76 Detto altrimenti, il senso delle cose consiste nel « vivere », nel « morire », e quindi nel « trasformarsi ».
77 « Tutte le cose che ora vedi saranno presto trasformate dalla natura che tutto governa, che altre ne produrrà con la loro materia, e con la materia di queste via via altre ancora, perché il mondo resti sempre giovane, » (Marco Aurelio, Pensieri, Libro VII, 25)
78 « La natura universale ha questa funzione : trasferire là ciò che è qui, trasformarlo, levarlo da qui e portarlo là. Tutto è mutamento, ma tutto è anche distribuito con equità : tutto è consueto, però non inmodo che si debba temere nuove esperienze, » (Ibid., Libro VIII, 6)
79 « Tutto si trasforma; e anche tu sei in continua trasformazione e, in un certo senso, in continua dissoluzione. E così pure l'universo intero, » (Ibid., Libro IX, 19)
80 Dall’infinito un punto viene generato : è il nostro universo bambino.
81 Questo punto è un milione di miliardi più piccolo di un atomo.
82 Ciò che anima il punto è la « volontà cosmica ».
83 La volontà cosmica spinge affinché vi sia un’espansione del punto.
84 Il punto che si espande è caldissimo e pieno di energia : è il Grande Acceleratore, da cui nasceranno le particelle elementari che conosciamo.
85 L’universo bambino si raffredda, appaiono i primi nuclei, collisioni violente avvengono tra particelle, successivamente si formano gli atomi ; i fotoni vengono liberati, attraversano l’universo e creano la radiazione cosmica di fondo. Dopodiché un gas fa piombare l’universo in un buio che durerà milioni di anni.
86 Tutta la storia dei primi attimi è stata ormai definita nel dettaglio dalla scienza, motivo per cui eviterò di appesantire il lettore con terminologie tecniche.
87 Dopo quella che io definisco « stasi oscura », la luce trionfa.
88 La volontà cosmica spinge affinché l’universo realizzi se stesso.
89 I fotoni strappano elettroni dagli atomi : si formano le stelle.
90 Ma perché i fotoni decidono di agire ? Perché le condizioni lo permettono, e perché è nella loro natura compiere il loro proprio destino.
91 La volontà cosmica è impulso irrazionale e razionale. Irrazionale è la sua energia che muove le cose ; razionale è l’ « informazione ».
92 Nella materia è come se vi fosse un dna in cui tutte le informazioni sono nascoste.
93 Le informazioni sono come le note di un pianoforte.
94 Combinando queste note si possono creare variazioni su temi all’infinito. Si creano galassie, pianeti, stelle, lune, buchi neri, forme di vita e così via.
95 C’è un informazione nascosta in cui havvi l’idea che combina elementi affinché si crei l’acqua, una polvere, un gas, un’asteroide – tutto.
96 Le leggi che governano il cosmo sono contraddittorie : ciò che vale nell’infinitamente piccolo, non vale nell’infinitamente grande.
97 Nell'infinitamente grande tutto è reazione ; nell'infinitamente piccolo tutto è governato dalla probabilità apparente.
98 La probabilità è apparente perché tutto ciò che deve accadere accadrà, eternamente.
99 L'esperimento della doppia fenditura sta significare quanto segue : tu non puoi guardare troppo in faccia la natura, perché altrimenti saresti in tutto quella natura ; ne sei solo una parte, e ad una parte ti è concesso accedere. L'elettrone, sentendosi osservato, ci nasconde la sua realtà. Non è vero quindi che il nostro occhio determina il destino dell'elettrone. Noi siamo una parte insignificante dell'universo, non siamo onnipotenti e per conseguenza non possiamo spiare troppo la natura.
100 L’ingenua volontà dei fisici di creare un sistema ad hoc in cui queste contraddizioni scompaiono è dovuto all’ignoranza.
101 Ignoranza significa : non accettare le conseguenze del « paradosso ontologico », né il paradosso stesso.
102 Per « vita » e « morte » possiamo ugualmente intendere « costruzione » e « distruzione ».
103 Costruzione e distruzione hanno la stessa importanza, lo stesso valore. Non può esistere l’una senza l’altra.
104 Ogni soggetto esiste perché v'è un oggetto, e perché vi sono altri soggetti. Tutto è interdipendenza.
105 La verità dell'interdipendenza è sia filosofico-religiosa (buddhismo), che scientifica (fisica quantistica).
106 « Tutte le cose sono collegate le une con le altre, e sacra è la loro connessione : nessuna, si può ben dire, è estranea all'uomo," (Marco Aurelio, Pensieri, Libro VII, 9).
107 Il soggetto esiste perché un altro lo riconosce.
108 Il cosiddetto eterno ritorno, concetto che Nietzche riprende dal pensiero greco, è una legge universale. È un errore credere che vi sia un eterno ritorno della differenza o delle variazioni. La variazione è illusioria, il tema è sempre lo stesso : vita morte trasformazione. In termini musicali, l'essere in quanto essere è una variazione su tema dato.
109 Ricapitoliamo per una maggiore chiarezza e sistematicità (e con qualche aggiunta) :
V’è in principio una « sostanza materiale infinita cosmica » (idea mia) ; ciò che anima questa sostanza è la « volontà cosmica », che è razionale ed irrazionale (idem) ; se ne deduce che la sostanza materiale infinita è razionale ed irrazionale al tempo ; lo scopo di questa sostanza è di adempiere al proprio « destino » ; il suo proprio destino è la creazione di « universi » ; di questi universi ne conosciamo solo uno, il nostro ; la sostanza materiale infinita crea l’universo grazie alla sua volontà cosmica ; l’universo ha in sé quella stessa « volontà cosmica » ; l’universo proviene dall’infinito, è infinito, si espande all’infinito, verso l’infinito (idea mia); l’infinito verso cui si espande è la stessa « sostanza materiale infinita » (idem). Tutte queste infinità coesistono a seguito del « paradosso ontologico » e sono eterne ; la sostanza materiale infinita non si trasforma, mentre l'universo (o gli universi) si trasformano in quanto la stessa materia e ciò che produce è soggetta a trasformazione. Infiniti universi possono essere stati creati, i quali potrebbero coesistere toccandosi, ma senza scontrarsi, come quando le acque dell’oceano incontrano quelle di un altro oceano (idea mia). L’espansione è sempre « espansione cosmica e irrimediabile all’infinito » ; l’universo che si espande, ad imitazione della sostanza materiale infinita, genera a sua volta e al suo interno « materia » ; la genera attraverso lo « scontro » ; la materia generata ha per iscopo, a propria volta, l’espandersi ; l’espansione è sinonimo di « sopravvivenza » nel tempo e nello spazio (comunemente intesi - mentre lo spazio-tempo è invece una caratteristica della materia stessa ) ; ad es. l’individuo che vuole sopravvivere chiede di voler di fatto « espandere » la propria vita nel tempo (durata) e nello spazio. V’è però una differenza tra « espansionismo dell’universo » ed « espansionismo della materia generata dall’universo ; la prima è « assoluta », la seconda « relativa » (idea mia); la materia (mettiamo di un pianeta, o un individuo) si espande relativamente, ovvero vuole sopravvivere, ma è soggetta a « morte formale », quindi a « trasformazione » ; questa trasformazione infinita è frutto dell’attività stessa dell’universo e permette la realizzazione della sua propria potenza. Lidea di eternità non è nient’altro che « logica di trasformazione infinita di tutte le cose » ; nella « trasformazione infinita » la materia non si combina in forme più complesse (come si crede), ma in forme diverse e più « adatte » alle nuove situazioni (è un illusione credere che il sistema-universo odierno sia più complesso del suo « periodo oscuro ». « Espansionismo », « vita », « costruzione », sono sinonimi e non esistono senza la morte ; tutto ciò che è generato nell’universo è relativo, si espande, ovvero vive e vuole vivere ; per « vita » e « morte » possiamo intendere « costruzione » e « distruzione » a patto che non si dia un giudizio « morale » (perché la costruzione prevede sempre distruzione) ; anche la « costruzione », dopo aver realizzata se stessa, dovrà cessare di esistere, trasformandosi (sempre per garantire un equilibrio generale ed evitare sovrapopolamento di materia e di esseri viventi che sono sempre materia – ne consegue che tutta la realtà è tragica. L’essere in quanto essere è paradossale ; tutto è « paradosso ontologico » (in questo contesto, è un'idea mia) ; tutto è mosso dalla « volontà cosmica » e regolato dall’« evoluzionismo cosmico » (che comprende quello delle « specie ») ; l’evoluzionismo non è nient’altro che « scontro », ovvero : « scontro tra materia » ; lo scontro genera nuova materia, « nuova vita » ; la nuova vita presuppone una « nuova morte (formale) ; la morte formale è necessaria affinché vi sia un equilibrio nell’universo, nei sistemi cosmici e nelle specie (parlerò di questo più avanti) e affinché nuova materia abbia spazio per proliferare ; il senso della morte formale o distruzione è quello di far in modo che la vita cosmica possa fluire senza ostacoli ; la nuova materia è sempre più « adatta » alle circostanze, ma non in sostanza più complessa (anche se apparentemente lo sembra) – i moderni grattacieli infatti non sono più complessi delle piramidi egizie ( e queste sono oltretutto più belle e la bellezza è una forma di complessità, se vogliamo, che alle moderne costruzioni manca) ; nulla ha esistenza in sé, tutto esiste in relazione ad un altro.
110 (L'esperienza del divino, qualunque cosa significhi, consiste semplicemente in questo : l'io fa astrazione da sé, dalla propria volontà, ovvero dalla propria brama. Si allontana, ma non esce mai dal proprio corpo, sebbene ne abbia la sensazione. Fugacemente si "accorda" con la natura che lo circonda : sente se stesso in armonia con tutto e con tutti ; si percepisce libero. Fa esperienza di un Dio personale se è convinto di aver raggiunto il suo Dio, di un Dio impersonale se è un convinto panteista. Tuttavia tale esperienza non soddisfa, dal mio punto di vista, mai pienamente lo spirito. Perché ? Perché noi, anche senza saperlo, aneliamo alla sostanza materiale infinita, la verità ultima da cui tutto ha avuto origine : vogliamo essere i figli prodighi del cosmo. Ma tra noi è la sostanza originaria c'è la materia dell'universo che ci circonda, che ci abita, che ci compone. Della sostanza originaria noi abbiamo la volontà cosmica, che ci anima e che anima l'universo. È questa volontà che ci spinge verso la sostanza senza mai riuscire a pervenirvi. Siamo come api che sbattono sul vetro di una finestra, senza mai riuscire ad oltrepassarla).
111 Tutti i corpi attraversano la materia dell'universo. L'universo si muove espandendosi all'interno della sostanza materiale infinita.
112 Obiezione : e se invece tutto, dalla sostanza materiale agli universi, fosse finito ? Risposta : se i cicli non sono infiniti, prima o poi la sostanza materiala e gli universi avranno una fine ; bene, ma in che cosa si estingueranno ? Dopo di loro, cosa rimane ? Il nulla ? E che cos'è il nulla? Ricordiamo sempre : se nulla nasce dal nulla, niente può finire nel nulla.
113 Le galassie si « scontrano » per crearne di nuove, così come due individui si scontrano affinché una nuova vita appaia.
114 Una stella fa la sua apparizione e vuole realizzare se stessa. Realizzando se stessa « sopravvive ». La stella, a seconda dell’informazione sua propria, concorrerà all’ordine cosmico. Potrà cioè trasforarsi in un buco nero, realizzando il disegno di concorrere all’equilibrio cosmico affinché non vi sia eccesso di materia (compito che comunque tutti, a proprio modo, hanno - ad es. in una società l'esistenza del boia non annulla la proliferazione di assassini a vario titiolo), oppure scontrarsi e favorendo la nascita di nuove forme materiali o biologiche.
115 L’evoluzionismo (cosmico o riguardante le specie) è scontro, e da esso due possibilità si prospettano all’orizzonte : la creazione o la distruzione.
116 Il termine « evoluzione » è problematico perché potrebbe sottintendere un processo che vada dal ciò che è imperfetto a ciò che è perfetto o più complesso. Dal mio punto di vista è un errore (a cui ho accennato). Come tutti sanno, nel meccanismo evolutivo non sopravvive il più forte, ma il più adatto. Questo significa anche che, se per necessità l'uomo fosse costretto a riutilizzare vecchie strategie preistoriche, pur di sopravvivere, egli sarebbe costretto non solo a cambiare il modo di pensare, ma anche il suo organismo. In uno scenario simile, non vi sarebbe un guadagno di complessità (questa infatti è assolutamente relativa, o addirittura insignificante). Mentre in linea generale ripeto : la complessità è solo illusoria ; i moderni grattacieli non sono più complessi delle architetture romane o egiziane.
117 Per evoluzionismo andrebbe inteso modificazionismo e logica di scontro (violento o meno).
118 Lo « scontro » non presuppone soltanto la nascita di nuova materia, ma anche l’equilibrio del sistema.
119 Un individuo può scontrarsi per generare nuova prole, oppure non riprodursi affinché non vi sia « sovrappopolamento ». Entrambe le scelte rivestono la stessa importanza (di questo parleremo in seguito).
120 In alcune specie animali lo « scontro » comporta sì, la nascita di un essere, ma allo stesso tempo ne determina la morte di un altro (vedi il caso delle mantidi) ; nell’uomo l’evoluzione ha subito un corso diverso (almeno nella fase che viviamo) : il maschio non può morire per mano della femmina perché deve concorrere al mantenimento e alla protezione della prole. Tuttavia egli deve morire o essere nella necessità della morte (per concorrere all’equilibrio).
121 « In primo luogo, non ti preoccupare : ogni cosa avviene infatti in armonia con la natura universale, e presto tu non sarai più nessuno in nessun luogo, come Adriano ed Augusto, » (Marco Aurelio, Pensieri, Libro VIII, 5)
122 La distruzione (morte formale) permette appunto al sistema di rimanere in equilibrio e di lasciar spazio a nuove costruzioni.
123 Le nuove costruzioni non devono eccedere affinché non vi sia sovrappopolamento cosmico e impossibilità (anche in termini di spazio) di creazione.
124 (Se l’universo si espande all’infinito e produce materia all’infinito, non dovrebbe esserci un problema di « spazio », tuttavia non dovrebbe esserci nemmeno una situazione in cui un miliardo di anni e un millesimo di secondo sono la stessa cosa. È possibile che un’equilibrio venga ricercato dal sistema affinché la vita cosmica, a tutti i livelli, fluisca, senza cioè che vi sia un irrigidimento strutturale. È cioè possibile che la natura dica : « Io posso creare una stanza che si espande all’infinito e riempirla centimetro per centimetro, e così espanderci assieme ; ma non voglio, preferisco una stanza dove gli oggetti siano "liberi" di muoversi e di scontrarsi).
125 L’universo è un sistema fluido.
126 Tutto il sistema cosmico concorre affinché vi sia la possibilità infinita della vita, della morte (distruzione), che però è in realtà trasformazione (in nuova materia).
127 Dunque è proprio vero ciò che disse Napoleone a Las Cases : « ...il vecchio sistema è al suo termine, ed il nuovo non è stabilito, e non lo sarà ancora senza grandi e furiose convulsioni. »
LIBRO II
1 La vita biologica non è un’eccezione.
2 La vita biologica appare qualora vi siano le « condizioni cosmiche ».
3 Tali condizioni sono dettate da un’equilibrio specifico, da un habitat specifico.
4 La possibilità della vita animale e dunque umana si è potuta concretare a seguito dell’equilibrio planetario all’interno del sistema solare (distanza della terra dal sole non troppo ravvicinata né troppo distante), e a seguito della scomparsa dei dinosauri (argomento che può suscitare ilarità ma che rappresenta una verità assoluta).
5 Come tutti sanno, tale scomparsa è avvenuta a seguito di un’asteroide lanciato da Dio affinché la spaventosa e diabolica razza umana facesse la sua apparizione...
6 Mi domando a questo punto se Dio e il Diavolo non siano la stessa persona (conseguenza del paradosso ontologico)...
7 Se manca l’equilibrio planetario all’interno del sistema solare, la vita biologica o non è possibile oppure è estrema (cioè appaiono solo specie in grado di sopravvivere in condizioni estreme).
8 V'è una predestinazione della vita biologica : essa si manifesterà sempre ed esisterà sempre, sebbene in forme mutate all'infinito.
9 La « lotta per la sopravvivenza » non è nient’altro che lotta per affermare se stessi, cioè affermare la « dinamica costruttiva » (e la distruttiva a servizio di quella).
10 La natura è lo stato di guerra di tutti contro tutti (Hobbes).
11 L’individuo « costruttivo » agisce per suo proprio interesse e per interesse della « specie ». Mentre l’individuo « distruttivo » agisce solo per interesse della specie.
12 Tuttavia, ad un’analisi più attenta, l’interesse dell’individuo è sempre - interesse di specie.
13 Homo homini lupus, animal animali lupus e bellum omnium contra omnes possono, e devono, essere intese a tutti i livelli cosmici e microcosmici.
14 Nel bosco che allieta lo sguardo del poeta, tutto è lotta intestina (Schopenhauer).
15 Quando le condizioni lo permettono, le specie fanno la loro apparizione, iniziando così il lor ciclo perenne di sofferenza. Le gioie sono brevi e spesso illusorie. (Chi ritiene, come ho avuto modo di sentire, mio malgrado, che il fondamento dell'universo non sono le leggi della materia, ma dello spirito, o è un disperato o un imbroglione).
16 Non v’è alcuna differenza sostanziale tra l’animale uomo e le altre specie, se non che in questa fase evolutiva l’uomo sia passato da vittima a carnefice.
17 È ormai una verità assoluta che l‘unica differenza tra noi e il mondo animale consti nel grado d’intelligenza.
18 L’intelligenza varia di specie in specie (Schopenhauer) e oggi ne abbiamo prove chiare e lampanti. Non solo, essa non è permanente, ma muta in base alle necessità di una specie.
19 Le formiche praticano l’agricoltura da 60 milioni di anni (noi umani abbiamo inziato solo diecimila anni fa).
20 Le formiche « tagliafoglie » si procurano, per l’appunto tagliandole, delle foglie che serviranno per la coltivazione di un fungo. Questo processo avviene in una camera appositamente costruita e che mantiene un grado ottimale di umidità. Le foglie vengono utilizzate per nutrire il fungo, che diventa così commestibile e andrà a sua volta a nutrire le larve.
21 Sinceramente si può ben credere che queste formiche siano molto più intelligenti e produttive dei preti.
22 La « volontà cosmica » agisce ovunque.
23 Noi siamo animati da tale volontà.
24 Le specie sottostanno alla legge dell’evoluzione (ovvero della modificazione).
25 Lo scopo di una specie è quello di sopravvivere.
26 La sopravvivenza è « scontro » a tutti i livelli.
27 « Vivere è un'arte che assomiglia più alla lotta che alla danza, perché bisogna sempre tenersi pronti e saldi contro i colpi che ci arrivano imprevisti, » (Marco Aurelio, Pensieri, Libro VII, 61)
28 Gli obiettivi particulari di una specie sono : ricerca e conquista attraverso la guerra di un territorio (e dominio su di esso) ; la generazione di prole per la conservazione di se stessa.
29 Le specie hanno un inizio e una fine (ma la fine è trasformazione all'infinito).
30 Territorio significa possibilità di cibo e benessere. Più territorio = più risorse (e quindi benessere e migliori chanches di sopravvivere e proliferare).
31 Si ricerca un territorio buono, affinché vi sia un benessere adeguato e una migliore proliferazione.
32 Scrive infatti Cesare (De bello gallico, I) : « Ma ai Sequani vittoriosi era andata ancor peggio che agli Edui vinti, poiché Ariovisto, il re dei Germani, si era insediato nel loro territorio e aveva occupato un terzo della loro campagna, la migliore di tutta la Gallia… » ; e ancora : « …tutti i Germani avrebbero passato il Reno : la campagna della Gallia non era infatti paragonabile a quella della Germania, e incomparabile con quello il loro tenore di vita ».
33 La specie è il popolo (o popoli). Il popolo è la società. La società è retta dallo Stato. Lo Stato è l’organo che tutela gli nteressi della secie.
34 I sistemi reggitori (tirannia, democrazia, principato o autoritarismo) sono scelti dai popoli in base alle circostanze, alle necessità.
35 Un popolo debole anela a tirannia. Un popolo forte a principato. Un popolo sconclusionato è per la democrazia (che in questa fase storica sembra essere il minore dei mali).
36 Specie, popolo, società, sono sinonimi.
37 La « nazione » è un popolo con determinate e proprie caratteristiche culturali.
38 Tutti i popoli hanno volontà espansionistiche perché sono « materia » e la materia è in espansione cosmica infinita.
39 I popoli possono espandersi solo « relativamente », mai « assolutamente » (questo lo può solo l’universo).
40 Relativismo e assolutismo coesistono così come coesistono « tempi » diversi nell’universo (Einstein). Anche questa è una conseguenza del paradosso ontologico.
41 Non esiste un popolo che non abbia tale volontà d’espansione. Al contrario, esiste un popolo che non è nella possibilità materiale di concretare tale progetto. Questo vive nascosto, nella speranza di non essere sbranato dal vicino (vedi storia Giapponese).
42 In altre parole, l’espansionismo relativo è legato al meccanismo di sopravvivenza del corpo sociale.
43 Da qui deriva il concetto di « spazio vitale », che non deve essere imputato solo al nazismo. Lo « spazio vitale » era già stato teorizzato da Friedrich von Berbardi (La germania e la prossima guerra, 1911), ma praticato da tutti i popoli fin dalla notte dei tempi. Chi nega ciò non ha capacità di analisi.
44 Lo « spazio vitale » è una conseguenza della volontà che ha un popolo di ampliarsi per migliorare le proprie condizioni. Più territorio = più risorse.
45 L’espansionismo relativo è sempre « progettuale » all’inizio, e « necessario » poi.
46 (D’ora in avanti, quando parlerò di tutto ciò che è generato all’interno dell’universo, per espansionismo intenderò sempre quello relativo).
47 Per la germania nazista lo spazio vitale divenne necessario in quanto ebbe un incremento esponenziale della popolazione, nonché dell’economia e del benessere sociale a tutti i livelli (che voleva mantenere e incrementare - necessità). Queste condizioni furono raggiunte, sostanzialmente, già agli albori della Grande Guerra. Fortunatamente i tedeschi hanno in sé il germe del fallimento e dell'auto-distruzione, cosa che li ha portati al collasso in entrambe le guerre.
48 Per l’Inghilterra e l’Europa fu progettuale conquistare le americhe, massacrare le popolazioni che vi vivevano, e far proliferare la razza bianca.
49 Ad un'analisi più attenta progettualità e necessità sono in realtà la stessa cosa : tutto è necessario. Preferisco però mantenere queste due categorie per chiarezza formale.
50 Pur avendo risorse naturali, la russia è un territorio ostile dove un benessere strutturale (che sia anche psicologico) non è possibile. Vive però una fase di « progettualità » e tenta di impadronirsi di una parte del territorio ucraino (ricco di risorse), nella speranza di poter migliorare le proprie condizioni in vista di una maggiore proliferazione (la persecuzione contro gli omosessuali ha lo scopo di favorire i rapporti tra uomo e donna affinché vi siano più nascite. Molti omosessuali, cedendo alla pressione sociale e culturale, metteranno su famiglia, contribuendo al ripopolamento del deserto russo - almeno questa è l'idea). A livello però generale quella russa sembra una progettualità frustrata, e questo perché loro non sono destinati al dominio (anche se lo sognano, come tutti i popoli).
51 La Cina vive una situazione differente. Non avendo una cultura della guerra (per motivi storici, ma che possono essere ricondotti a dinamiche evoluzionistiche) tenta di attuare un espansionismo soltanto di natura economica. Tuttavia pur essendo nella « necessità » di un‘espansione territoriale (per via del numero della popolazione), è costretta ad una feroce strategia di controllo delle nascite che al momento risulta efficacie.
52 Attualmente soltanto l’Occidente continua la sua inarrestabile espansione. Questa è ovviamente territoriale (pensiamo a tutti i paesi che sono entrati nel nostro sistema o che desiderano farlo), e ideologica (pensiamo al Capitalismo, che impera in tutti gli stati del mondo, compresa Russia e Cina).
53 Negare tutto questo significa illudersi.
54 Diverse sono le definizioni di economia. Essa è, tra le altre cose, il libero scambio delle merci ; è quindi possibilità di ricchezza. Maggiore è la ricchezza, maggiore è il benessere individuale e di una nazione. Più benessere = più possibiità di sopravvivenza (pensiamo alle persone o a quei paesi ricchi che hanno un’accesso privilegiato alle cure mediche).
55 (Tutte le discipline dell’umanità sono a servizio della « specie », del suo interesse).
56 Il potere, la ricchezza, e quindi lo « status sociale », hanno un senso nella « logica di sopravvivenza ». Al maschio dominante in un gruppo di orango vengono offerte le banane migliori (il sorriso del gentile lettore è qui ben accetto). Ergo, la sua qualità di vita è migliore.
57 (Che sia chiaro : io non sto difendendo la visione delle cose finora esposte. Cerco solo di presentare e analizzare la realtà. Perché la realtà è la verità. E questa verità deve essere inserita all’interno di un sistema filosofico).
58 Nessuna nazione deve essere idealizzata e presa a modello. Tutte sono animate dalla stessa volontà costruttiva (e perciò distruttiva).
59 L’Occidente agisce come una galassia gigante che annette i sistemi solari di una più piccola.
60 L’espansionismo prevede necessariamente la « morte formale » degli individui.
61 Per « morte » intenderò » sempre « morte formale ».
62 Domanda : la vita è formale o sostanziale ? Risposta : la vita è sostanziale (da non confondere con la sostanza o realtà originaria). Deve però essere evitato il pregiudizio morale (sostanziale = bene, verace formale = male, illusorio). Tutto è e sarà sempre male perché la vita è possibile a condizione che vi sia sorella morte. La natura è diabolica. Mentre l'ottimista canta le le meraviglie della natura umana, minatori in Indonesia soffocano a contatto con lo zolfo (per 6 euro al giorno) e migliaia di bambine sono violentate nel mondo (vedi il turismo sessuale minorile).
63 C'è la sostanza materiale infinita o realtà originaria ; questa genera l'universo materiale che conosciamo ; questo universo, o mondo (in senso lato), è, se vogliamo mantenere una terminologia spinoziana, sostanza (purché non la si confonda con l'altra e purché la si consideri sempre materiale e non soggetta a interpretazioni, anche qualora ci si debba scostare dal concetto spinoziano). Noi individui siamo materia, sostanza. La spiritualità è un prodotto della materia, una sensazione.
64 « Pensa costantemente all'universo come a una unica creatura vivente, che racchiude una sola sostanza e una sola anima ; pensa come tutto sia assorbito in una sola sensazione di questa creatura ; come tutto si compia grazie a un unico impulso, e tutte le cose siano causa comune di ciò che nasce, e quali siano il loro concatenamento e la loro connessione, » (Marco Aurelio, Pensieri, Libro IV, 40
65 Tornando a noi. Il soldato muore in guerra affinché il suo popolo possa sopravvivere ed espandersi nella durata.
66 Ma la sua morte (così come la morte di tutti) è sempre benefica perché contribuisce all’equilibrio della specie. In altre parole, non vi è rischio di un « sovrappopolamento ».
67 « Tutto ciò che accade a ogni individuo è utile al tutto, » (Marco Aurelio, Pensieri, Libro VI, 45)
68 A differenza mia, o nostra, Marco Aurelio non ha una visione negativa del mondo e dei suoi meccanismi. Tutto è in armonia e, per lui, vivere secondo natura significa accettare e accordarsi alla natura. Se infatti un male non apporta danno al tutto, non arreca danno nemmeno all'individuo. Questa è certamente una verità, ma una verità diabolica.
69 Vita e morte si mantengono in equilibrio. La vita eccede sempre, ma non di molto : quanto basta perché la specie prosegua il suo cammino (questo fatto si deduce facilmente anche analizzando le statistiche mondiali su nascite e morti).
70 Quando una specie cessa d’esistere, è solo la sua « forma » che viene meno. La sua « sostanza » vivrà in continua trasformazione cosmica per l’eternità.
71 Ogni concetto umano, in forma di imitazione, variazione, originalità, è ispirato dalla natura e la concerne.
72 Ogni morale non violenta è utopica e sbagliata nel principio.
73 Se per miracolo l’umanità smettesse di uccidere uomini e animali, il sovrappopolamento annienterebbe la razza umana (anche per il fatto che non vi sarebbero più risorse per tutti). A questa verità pervenne già Schopenhauer).
74 In uno scenario simile, per salvarci, si creerebbe una fase di criminalizzazione di tutte le società al fine di ristabilire un equilibrio.
75 Ma in questa situazione estrema non è nemmeno detto detto che un equilibrio possa essere ristabilito. Ad esempio con i topi (vedi l'esperimento Universo 25) ciò è impossibile ; superata infatti la soglia di sovrappopolamento, la specie soccombe a causa di un caos generalizzato (omicidi, cannibalismo, autolesionismo, generazioni che nascono sterili, etc.). L’ironia della sorte vuole che i « belli », così viene chiamato questo gruppo di topi, continuino a fare la « bella vita », appartati. Detto in altri termini, i ricchi la scampano sempre e l’ingiustizia regna per davvero fino alla fine.
76 In altre parole, è come se, raggiunta o oltrepassata la soglia critica, la natura schiaccciasse un pulsante con la scritta : « Punto di non ritorno ».
77 Questo esperimento è di importanza fondamentale. Nell'ambito della ricerca i topi sono tra gli esseri più privilegiati, per via del loro dna al 98% simile a quello dell'uomo.
78 Nelle costituzioni delle specie c’è una « nota », una « informazione » che si attiva in cirsostanze critiche.
79 Sarebbe troppo facile negare che l’umanità abbia quest’informazione nel suo « dna collettivo », perché non potremo mai avere una prova scientifica di ciò come per i topi. Chi ha infatti la curiosità di spingere artificialmente l’umanità verso il punto di non ritorno ?
80 Ricapitolando :
La vita biologica non è un’eccezione e appare quando vi sono le condizioni cosmiche ; essa si manifesterà sempre. La vita biologica è un’informazione contenuta nella materia. La volontà cosmica muove ogni cosa e, non appena vi sono le condizioni, dà l’impulso e sostiene la nascita della vita (la quale è possibile a condizione che vi sia la morte). Ogni cosa generata dall’universo vuole sopravvivere, cosi anche la vita : vuole se stessa. La sopravvivenza delle cose e degli esseri implica la « logica dello scontro ». Tutto è scontro all’interno dell’universo : lotta di tutti contro tutti ; l’evoluzionismo è la legge che regola la dinamica di sopravvivenza : esso è scontro e modificazionismo (adattamento). Dallo scontro ha luogo la vita (costruzione) ; ma lo scontro implica la distruzione ; la distruzione permette 1. che vi sia « spazio » e « risorse » sufficienti affinché la vita proliferi senza troppi ostacoli; 2. che vi sia un « equilibrio », ovvero che la vita ecceda, ma non troppo (si deve infatti evitare il sovrappopolamento di materia e di esseri). Costruzione e distruzione hanno la stessa importanza. Gli individui fanno sempre gli interessi della specie. Non c’è alcuna differenza tra l’uomo e gli animali ; l’unica differenza è nel grado d’intelligenza (che varia comunque di specie in specie). Questa differenza non è permanente, ma soggetta a mutamento (è cioè determinata dalle circostanze). Le specie sono animati dalla volontà cosmica (razionale e irrazionale) ; le specie vogliono solo una cosa : sopravvivere ; senza scontro, lotta, non v’è sopravvivenza. La volontà spinge affinché l’individuo realizzi il suo proprio destino : vita = la specie vive ; morte = la specie vive. Gli esseri viventi, le specie, hanno bisogno di controllare un territorio (possibilmente buono e che dia frutto) ; questo permette una proliferazione senza ostacoli. Più territorio = più risorse = Più benessere = Più proliferazione. Tutti gli esseri, quindi tutti i popoli, hanno volontà espansionistiche perché sono « materia » e la materia è espansione cosmica infinita. Ottenere lo « spazio vitale » è perciò un’obiettivo dei popoli (spazio che sia possibilimente il migliore). I popoli vivono due fasi : 1. Fase di progettualità ; 2. Fase di necessità. Non vi sono popoli migliori rispetto ad altri ; vi sono soltanto popoli che, rispetto ad altri, rappresentano il minore dei mali. L’espansionimo implica la morte formale degli individui (non di tutti ovviamente, ma di una parte o addirittura di una buona parte). Dal punto di vista della natura, la morte è sempre benefica perché contribuisce all’equilibrio (evita sovrappopolamento) e alla proliferazione (attraverso, ad es., la vittoria di una guerra, si possono ottenere diversi territorio, i quali saranno popolati. O allora la morte fa si che venga dato spazio a nuova vita – motivo comunque connsesso alla logica dell’equilibrio). L’essere in quanto essere è diabolico. I principi morali non possono essere universali : se applicati, vi sarebbe un’Apocalisse. Ogni specie ha un « punto di non ritorno » : è quando il sovrappopolamento ha superato la soglia critica ; superata questa soglia, la specie si avvia all’estinzione.
LIBRO III
1 La morte non è soltanto « fisica » o « fisico-formale », ma anche « psicologica ».
2 La « morte psicologica » è uno strumento a servizio della morte fisica.
3 Per « senso della morte » si deve intendere che la morte ha un ruolo in natura. Da un lato, « contiene » e impedisce il sovrappopolamento ; dall’altro è necessaria per conquistare territori e favorire la proliferazione delle specie. Ma, anche qui, « contenimento » e « sacrificio » sono due facce della stessa medaglia.
4 Se uno psicopatico rinchiude un individuo per dieci anni in uno scantinato, procura alla vittima una « morte psicologica ».
5 La morte psicologica apre alla possibilità di morte fisica e quindi di contenimento.
6 Apre a tale possibilità perché genera un profondo processo di depressione, che può sfociare nel suicidio o in una lenta distruzione fisica (alcolismo, autolesionismo, o altro) e quindi in una scomparsa prematura dovuta ad una qualità di vita deteriorata.
7 Il fatto che lo psicopatico abbia agito peché suo padre era un violento o altro, non rappresenta la « causa », ma l’« effetto ». La vittima, invece, è l’« effetto di un effetto ».
8 E allora qual è la « causa » ? È la natura. O meglio, è quell’informazione (commettere il male) contenuta negli esseri umani, ampliata e confermata dall’ambiente (in primis familiare), quindi l'educazione, che spinge a commettere atti criminali affinché il Grande Tutto resti in equilibrio.
9 È nostro dovere capire, per davvero, perché queste violenze avvengano. Ad esempio, la violenza sessuale su bambini sembra di primo acchito insensata.
10 Dire che il violentatore è tale perché i suoi genitori esercitarono violenza su di lui, oppure perché ha ricevuto messaggi non verbali legati alla perversione, spesso significa commettere un tragico errore.
11 Ci sono casi di bambini cresciuti nella violenza e che tuttavia scelgono la strada del bene. Perché ? Dipende tutto dagli stimoli ricevuti. Il padre ha fatto di tutto, con il suo esempio, per stimolare la possibilità del male che è in lui. Al contrario, l'esempio verbale o non verbale della madre, gli trasmette un messaggio diverso : « Sii onesto, comportati bene ». Questi messaggi opposti creeranno sicuramente un conflitto interiore, ma il bambino avrà comunque la possibilità di reagire facendo il bene. Se reagisce facendo il male è perché l'esempio del padre ha avuto la meglio - qui agisce anche il meccanismo di imitazione e la volontà da parte del figlio di essere amato dal padre (sebbene qui si tratti di un amore illusorio).
12 Ogni individuo ha naturalmente, nella propria costituzione, l'informazione al male o al bene. Ma questa, nei primi anni, viene stimolata e confermata in un senso o nell'altro. Questo spiega anche il fenomeno familistico delle organizzazioni criminali o mafiose : queste si trasmettono di generazione in generazione. I bambini qui cresciuti ricevono stimoli ben precisi. La loro propria natura reagisce a questi stimoli e li conferma con il tempo. Da qui anche, e soprattutto, la conferma della propria identità : « Io sono questo, noi siamo questo ».
13 Il pentimento (ma non entrerò qui nel dettaglio, essendo questione troppo specifica), può arrivare quando, da bambini, si è ricevuto, seppur magari indirettamente, un piccolo stimolo al bene. Questo stimolo, che è li da qualche parte nel proprio sé, si fa strada nell'animo. Il pentito, reagendo all'ingiustizia, scava dentro di sé per rintracciare quello stimolo al bene e lì fonda la propria rinascita. Questo stimolo riattiva l'informazione al bene che ognuno ha nel proprio dna.
14 La famiglia è l’unione di due individui diversi, e con storie diverse, non tutti intraprenderanno la via del male. Le generazioni che si succedono ereditano sia l’una che l’altra storia, ovvero : un bagaglio differenziato di valori da cui attingere.
15 Esistono dunque due tipi di « ereditarietà » : 1. quella di natura (l’informazione che fa in modo che un individuo abbia in sé la via del bene e del male) ; 2. quella familiare (gli stimoli ricevuti dagli adulti attraverso l'esempio e l'educazione).
16 (Parlando di educazione sono parecchio benevolo... il 99% dei genitori non educa, ammaestra).
17 Se l'esempio negativo ha la meglio, l'individuo reagirà al male con il male : « Mio padre è stato un violento, io sarò come lui. La violenza è il mio destino ». Se al contrario l'esempio positivo ha maggiore impatto, l'individuo reagirà al male con il bene : « Mio padre è stato un violento, io non sarò come lui. La violenza non è il mio destino ». Queste situazioni creano comunque molto conflitto interiore. Se invece si hanno due genitori votati al male, o addirittura un'intera famiglia, il conflitto interiore può essere minore (v'è più coerenza).
18 Mentre se vi è stato anche un piccolo stimolo, l’individuo potrebbe reagire al male con « moto contrario ». Ma potrebbe vivere comunque una situazione interiore in perenne conflitto, perché la voce del male bussa alla sua porta : è il senso di colpa che gli sussurra : « Nella nostra famiglia non siamo quello che vuoi essere tu » - questo senso di colpa si genera anche in altri casi, quando un individuo sceglie una strada diversa da quella che i genitori vogliono per lui.
19 Andrebbe certamente fatta una riflessione sull'ereditarietà naturale, ponendosi tale quesito : la natura può dare un'informazione più preponderante rispetto ad un'altra? Ad es. una sorta di predisposizione al male più forte ? Il lettore avrà ben capito che non sono qualcuno che si tira indietro davanti a questioni spinose, ma qui debbo sospendere la riflessione, perché, purtroppo, si tratta di un argomento troppo specifico che necessita una trattazione particolare. In genere io parto dal presupposto che l'informazione al male non è mai preponderante rispetto al bene : ognuno, per intenderci, parte da una situazione paritaria - è l'educazione che determinerà la preponderanza.
20 Un individuo che uccide per difendersi « reagisce » ad una situazione con l’obiettivo di sopravvivere. Ma se si difende è perché qualcuno vuole a sua volta ucciderlo e questo progetto è parte di un disegno più generale : l’equilibrio di specie.
21 La natura permette che tutti questi meccanismi psicologici ed educativi abbiano luogo, perché ciò avvantaggia la natura stessa. Per questo non va fatta confusione tra causa, effetto, e effetto dell'effetto. La natura si serve del male per i suoi fini, così come si serve dell'amore sessuale affinché vi sia proliferazione.
22 (Dal mio punto di vista, la dinamica della « sindrome di Stoccolma » dovrebbe essere estesa anche per molti altri problemi di ordine psicologico, magari modificandone di poco la dinamica. Prendiamo l'esempio di un figlio o una figlia che, invece di prendere le distanze dal genitore che lo ha abbandonato, si « sottomette » a lui nella speranza di essere amato : è chiaramente una dinamica perversa, ma rispecchia una logica distruttiva. L’individuo ha nel tempo confermato lo stimolo negativo ((« Io non sono mai stato amato e così sarà sempre e sento che questo conferma ciò che sono per davvero. Io sono un nulla e voglio che questa sofferenza sia sempre riconfermata nella mia vita ; deve essere un punto saldo ; il mio destino è la distruzione. »)) La mancanza d’amore del genitore qui non è la « causa », ma l’ « effetto dell'effetto ». L'effetto è l'azione del padre che ha trascurato il figlio o la figlia. La causa è la natura che permette una tale dinamica. Le conseguenze sono queste : il figlio distrugge la propria psicologia per far piacere al padre ; la sua qualtà di vita deteriora, la possibilità di morte prematura è dietro l'angolo : natura gaudet. Oppure il figlio ucciderà il padre, o qualcun'altro.)
23 (Esempio affine. L'individuo cresce con il messaggio genitoriale : « Tu non sei importante per me e non riuscirai mai nella vita. » Al che, invece di prenderne le distanze, l'individuo passa la propria esistenza cercando di far piacere al genitore ma in modo perverso : cioè confermando la sua maledizione (concetto presente nell'Analisi transazionale) Si lancia dunque in situazioni folli, studiando cose difficili a cui non è destinato, per cui fallisce. Fallendo dà ragione al genitore e questo rassicura l'individuo : « Vedi papà ? Sono proprio come mi volevi : un fallito. » La cosa va avanti così per decenni, fino al collasso fisico e mentale.)
24 (Qui sto chiaramente affrontando gli aspetti negativi. Tutto ciò è valido anche per chi è destinato alla costruzione. Ma bisognerà fare, di volta in volta, sempre attenzione, perché chi sembra vivere una logica costruttiva, in realtà potrebbe nascondere quella distruttiva - vedi il caso di Napoleone.)
25 Ora sembrerebbe che l'individuo destinato alla costruzione sia un individuo buono ; ma non è cosi. Chi è propenso al bene relativo (sulla differenza tra bene assoluto e bene relativo tornero nel IV libro), fa soltanto, anche senza saperlo, gli interessi della specie (da qui l'aggettivo relativo). Il grande imprenditore di successo è in realtà uno sfruttatore. Obiezione : « Conosco imprenditori buoni e onesti che danno lavoro a migliaia di famiglie. » Risposta : « È bontà apparente. Anzitutto, quelle famiglie vivono grazie allo sfruttamento dei bambini nelle miniere di cobalto. Mentre ognuno si alza al mattino, credendo di essere bravo ed onesto, e passa otto ore ad assemblare pezzi, credendo di essere un grande lavoratore, migliaia di persone muoiono per procurargli quei pezzi (la vita dell'uno implica la morte dell'altro). Intanto l'imprenditore si arricchisce e compra macchine, case e ogni genere di comfort, che, se s'indaga, nascondono ingiustizie infinite. » Obiezione : « Sei un pessimista. » Risposta : « No, sono un realista. E tu sei cieco. » « Conosco un prete bravo, che aiuta le persone ad andare avanti. » Risposta: « Infatti, aiuta le persone a sopravvivere. E intanto tiene segregati, da dieci anni due cani in casa, i quali non hanno mai visto la luce del sole e vivono nel puzzo di escrementi. Questa sarebbe la carità ? Scrive Schopenhauer : "La pietà per gli animali è talmente legata alla bontà del carattere che si può a colpo sicuro sostenere che un uomo crudele verso gli animali non può essere un uomo buono". Tuttavia è ritenuto buono, ma solo perché opera per il benessere della specie. Ecco perché la sua crudeltà, le sue ipocrisie, i suoi limiiti aberranti, il suo parassitismo, sono tollerati. »
26 Vi sarebbe, non lo nego, una possibiliità, attraverso l'educazione, in cui fin da bambini si venga stimolati affinché si raggiunga il bene assoluto. Ma questo la natura non lo permette (così come per il bene relativo fuori controllo, v'è un rischio di disequilibrio e quindi di caos generalizzato). Al che potremmo intendere le parole di Calvino in alio modo, cioè alla luce di quanto esposto : « Sebbene infatti (i bambini, n.d.a), non abbiano ancora prodotto i frutti della propria iniquità, ne hanno tuttavia la semenza nascosta in se stessi, » (Giovanni Calvino, Instituto christianae religionis, 1535, Libro II, Capitolo I, 8)
27 Di chi è la colpa di tutto ciò ? Della sostanza materiale infinita che crea un universo sublime a vedersi, ma malefico nell'essenza. L'universo è mosso dalla volontà cosmica (la quale, essendo razionale ed irrazionale, contiene tutte le informazione affinché si produca ciò che deve necessariamente prodursi). L'universo ha una volontà cosmica perché generato dalla sostanza materiale infinita (la volontà infatti è l'anima della sostanza originaria). In questa volontà c'è l'elemento irrazionale (il male), e l'elemento razionale (il bene relativo, che però è sempre male per noi). Gli esseri viventi, essendo generati dall'universo, hanno a loro volta quella volontà cosmica (o se vuoi microcosmica nel caso degli esseri piccoli ; ma è la stessa cosa).
28 « Del resto devo dichiarare che l'ottimismo, se non è un semplice spropositare di gente il cui cervello volgare non racchiude se non parole, mi pare un’opinione non solo assurda, ma veramente empia, perciocché costituisce una derisione amara di fronte ai dolori senza nome dell’umanità, » (Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, 1819, Ed. Erm. Bruc. & C., 1915, pag. 206)
29 (Ci tengo a precisare che non sono cresciuto in un ambiente pessimista o tetro, nel modo più assoluto. Certo, conosco bene la sofferenza. Gioia e sofferenza hanno viaggiato di pari passo nella mia vita. Lo dico perché non vorrei che qualcuno, semplicisticamente, mi psicanalizzasse con varie fantasie. Forse - dico forse - con molti altri pensatori una certa infelicità nell'infanzia o in genere nella vita, potrebbe aver determinato il loro pensiero, in un senso come in un altro. Ognuno di noi, però, ha il dovere di guardare in faccia la realtà. E la realtà è tragica.)
30 Alla luce di quanto esposto, cosa possiamo intendere per « libertà » ? Risposta : niente.
31 La libertà esiste ma non corrisponde al concetto a cui siamo abituati.
32 Tutto è sempre e solo reazione.
33 Alla parola « libertà » sono stati dati alcuni degli attibuti di Dio, cioè l'« assolutezza » (nel senso di ab-solutus, sciolto, che non ha vincoli) e l'« indeterminatezza » (se così non fosse, Dio sarebbe determinato da qualcosa ; per conseguenza anche l'uomo, se è determinato, non è libero).
34 Dal momento che già il barone d’Holdbach e Schopenhauer confutarono questo concetto, risulta quasi fastidioso continuare a parlarne. Per d’Holdbach infatti questa libertà è impossibile, perché non esiste un uomo che sia più potente della natura e dunque capace di affrancarsi da essa.
35 « Libertà » viene dal latino « libere », che sigifica : volentieri, di buon grado, con piacere. Un individuo è libero quando gode della sua persona, quando non ha padroni, quando fa da sé. Il latino ha un concetto pratico di libertà e non speculativo, artificiale, basato sulle fantasie del cervello.
36 La verità del « tutto è reazione » non entra in contraddizione con la libertà come noi vogliamo intenderla. Infatti un uomo che gode della propria persona può essere benissimo qualcuno che non sceglie, ma che « reagisce ». Perché non ho padroni ? « Perché la mia natura mi spinge a non averne » ; oppure : « Nella mia famiglia noi lavoriamo come indipendenti da generazioni, » e così via.
37 Possiamo quindi operare una distinzione fra : 1. Libertà illusoria (basata su concetti astratti e falsi) e 2. libertà vera (quella che ci deriva dal reagire).
38 Prima di parlare di libertà, va chiarito quindi che cosa s'intende o si debba intendere per tale.
39 (Chi agisce è sempre l'individuo. Ma l'individuo, è una persona ? Questa domanda potrà sembrare strana, ma non lo è. Nel corso dei secoli gli uomini hanno attribuito vari significati alla parola persona. I concetti di persona, dignità umana etc. erano già presenti nelle società antiche, soprattutto in quella romana - in Cicerone per es., là dove parla di « eccellenza e dignità della natura umana, » (De Officiis I,106). Tuttavia il concetto di persona, nel tempo, ha assunto un significato marcatamente teologico. Non entrerò qui nel dettaglio ; nel mio sistema utilizzo individuo e persona come sinonimi, e non intendo mai la persona avente una dignità in quanto creatura di un dio personale.)
40 Tornando al problema del male, l'individuo non riesce a comprendere, attraverso l'intuizione, il concetto (o realtà) della morte formale di tutte le cose. Anzi, venutone a conoscenza, lo rigetta con tutte le sue forze. Questo dipende da un errore indotto dalla sua coscienza individuale.
41 La coscienza non solo di esistere, ma di essere un « io » particolare, un'identità, un essere diverso da altri. Questo stato di coscienza, unito alla necessità di voler sopravvivere, lo inducono a inventare sistemi in cui lui non morirà mai ; e dove non solo l'io non muore, ma addirittura nemmeno il suo corpo (da qui la resurrezione della carne per i cristiani).
42 La persona dunque sente se stessa in questi termini : « Io non voglio trasformarmi perdendo tutto di me, il mio corpo, i miei ricordi, la mia maniera d’essere. Voglio sopravvivere in questa vita e anche dopo. Ma in quel dopo devo essere sempre io. »
43 Io credo che tutti gli individui, nel profondo della loro anima, conoscano la propria sorte ; ma ciò li terrorizza.
44 Siamo materia eterna destinata alla trasformazione infinita ; è perciò impossibile che le persone, in un dato momento di raccoglimento, o guardandosi allo specchio, non dicano a loro stesse : « Sono nella merda ».
45 Non esiste una reale differenza tra religione « naturale » e « rivelata ». Tutte le religioni sono « naturali ». La « rivelazione » è il frutto « letterario » della religione naturale.
46 Gli individui creano la religione perché questo fa parte del disegno della natura. La natura ha riposto in loro l’informazione religione, o istinto al sacro. Tutti i popoli generano forme di religiosità.
47 Quando una religione muore, questa viene sostituita da una più adatta. La psicologia può rivelarsi un sostitutivo, ma di breve durata, o comunque da sola non riesce a soddisfare il bisogno spirituale dell'umanità.
48 La natura appalta alla religione diversi « compiti », spesso in contraddizione tra loro (ma che hanna logica o costruttiva o distruttiva). La natura permette contraddizioni lampanti, purché a conti fatti l'insieme non ne venga danneggiato. La religione, frutto della religiosità, è sempre a servizio della specie (la fede è contenuta nella religione, poiché fede è un persuadersi che, un credere che... Tuttavia, si potrebbe elaborare un concetto di fede separato dalla religione). Qui tratteremo delle religioni costituite (si possono infatti creare religioni diverse, basate sul bene assoluto, purché esse non siano preponderanti a livello di numero dei praticanti - la natura le combatterebbe).
49 I compiti delle religioni costituite sono : 1. Anestetizzare la disperazione della coscienza affinché il numero di suicidi non aumenti in modo esponenziale (si inventa che la persona non muore, il suo corpo, con la sua identità risorge nella beatitudine e nell’amore in un mondo di luce e giustizia) ; 2. Sottomettere la donna affinché sia « libera » di garantire la proliferazione della specie ; 3. Abusare dei bambini e procurare loro « morte psicologica » (compito precipuo della chiesa cattolica : pensiamo solo alla Francia, in cui ci sono stati più di 300.000 abusi - numero che equivale a un corpo d'armata...) ; 4. Garantire la sopravvivenza del corpo ecclesiastico (la loro sopravvivenza materiale) ; 5. Aumentare le proprie ricchezze per migliorare le proprie chanches di sopravvivere (investire in beni immobili) ; 6. Condannare l’aborto per favorire la proliferazione (interesse di specie ; ma quando investono in case farmaceutiche che producono la pillola abortiva agiscono per un interesse di gruppo, il loro. Per « gruppo » s’intende una parte della specie, che è sempre specie) ; 7. Creare conflitti sociali a varj livelli (storicamente guerre e stermini ; socialmente : conflitti con omosessuali o chi non la pensa come loro) ; 8. Creare morte psicologica a varj livelli (sensi di colpa, etc.) ; 9. Aiutare il prossimo (sopravvivenza, interesse di specie) ; 10. Quando necessario, favorire il celibato/castità affinché una parte della specie non si riproduca (controllo naturale delle nascite, equilibrio di specie). 11. Fornire un racconto semplice sul perché delle cose ; 12. Far vivere i popoli nella menzogna, etc. etc.
50 Se la religione fosse un individuo sarebbe completamente pazzo.
51 Sul ruolo della donna ho già proferito altrove. In sintesi : per le religioni il suo ruolo consiste nel farsi « macchina di riproduzione ».
52 Per la religione la donna è « madre », essere che « accoglie » (non si è mai capito il significato di questa « accoglienza » visto che è una caratteristica anche dell’uomo ; la verità è che loro intendono: « che accoglie la vita, cioè il feto »).
53 Per la religione la caratteristica delle donne è la « tenerezza », la « premura » etc. Mentre all’uomo è riservata l’intraprendenza, la libera iniziativa, la produttività, etc.
54 Per loro la donna non deve imitare l’uomo, non deve omologarsi.
55 Nasce così il seguente modello di donna: 1. come « aiuto » dell'uomo, come suo sottoprodotto (nato dalla sua costola) ; 2. come essere « astuto » principale causa del male sulla terra ; 3. come rinnegatrice del mito in virtù della propria volontà di conoscere e di auto-determinarsi (e perciò essere immondo) ; 4. oggetto fra oggetti alla mercé del patriarcato (un essere di cui si poteva abusare a piacimento allo scopo di onorare uomini e Dio) ; 5. il modello di donna-schiava che deve trovare la sua realizzazione nell'obbedienza al Dio e nel farsi sua serva (e gioire per questo) ; 6. di donna per l'appunto obbediente, a servizio della famiglia, dei figli, del marito (e dipendere da esso), e che deve tacere; 7. di donna adultera o posseduta da spiriti malvagi, etc. ; 8. e ovviamente, come abbiamo detto poco fa, di donne come « macchine di riproduzione » della specie, colpevolizzate se non generano prole per Dio, la comunità, la patria, i genitori.
56 Molti di questi aspetti li ritroviamo naturalmente in eredità nell’intera società e nei partiti politici.
57 Per la chiesa la donna deve essere in realtà negata e si pretende da lei la rieducazione.
58 La perversione dell'azione rieducatrice pianifica il plagio della sua intima psicologia – la quale deve essere spezzata; in altre parole: lei deve sinceramente volere quei modelli.
59 Rispetto al passato, la donna ha guadagnato solo la possibilità sistematica di poter lavorare ed essere così autonoma rispetto all’uomo. Ma nella pratica vediamo che, oltre al lavoro, la donna gestisce tutti i compiti della vita familiare. Di fatto l’uomo vive in famiglia come se fosse un altro figlio. Questa situazione, per la donna, risulta essere tragica e pesante.
60 A conti fatti, sembra che la natura permetti alla donna di reagire e prendere spazi, purché garantisca prole.
61 Per la specie la « via maestra » è e sarà sempre la riproduzione meccanica di prole. Tuttavia la natura permette una possibilità limitata di « aborto » o di non proliferazione per garantire l’equilibrio in natura (lo ripetiamo : il sovrappopolamento).
62 In Cina l’aborto ha per iscopo il contenimento. Mentre l’aborto spontaneo è di natura « selettiva ».
63 I « pro vita » cercano di essere i « guardiani della proliferazione », i « pro aborto » del « contenimento ».
64 Proliferazione e contenimento sono cause ; emancipazione, autodeterminazione, libertà individuale comunemente intesa, etc., rappresentano gli effetti.
65 Entrambi hanno lo stesso valore, ma da dal momento che la vita deve essere sempre in leggero eccesso (questo infatti permette alla specie di andare avanti), i fanatici credono che il valore della vita sia « sacro ».
66 Senza tenere conto di tutta la storia dell’umanità, attualmente siamo circa 9 miliardi. Non v’è prova più chiara e lampante del fatto che il parto sia la cosa più comune e meccanica dell’universo. Eppure, ogni coppia crede, a causa di una potente dose di serotonina inflittagli dalla natura, di aver compiuto il « grande miracolo ».
67 Tra questi miliardi di individui sorge, di tanto in tanto, il genio (anch’esso con uno scopo ben preciso : illuminare con la verità uomini e donne).
68 (Alcuni aspetti « tecnici » dell’evoluzionismo non verranno toccati qui in questa sede. Ma si abbia come regola quanto segue : tutto può essere spiegato e ricondotto alle categorie finora presentate. Un esempio semplice : perché la natura impedisce l’accoppiamento tra genitori e figli ? Perché la prole generata è debole ; una prole debole non è in grado di realizzare il destino della specie, che è quello di sopravvivere, di espandersi. In qualunque situazione umana chiedersi sempre : in che cosa ciò favorisce la specie, la natura ?)
69 (Se l'uomo reagisce e basta, è responsabile delle sue azioni ? Risposta : sì, sempre. La responsabilità non è solo un fatto mentale o d'intenzioni (in verità le intenzioni sono sempre coerenti, perché rispecchiano l'interesse della specie). Quando l'uomo reagisce è il suo corpo, spinto dalla volontà, a compiere l'azione. « Non era mia intenzione. » « Sì, ma lo hai fatto. Il tuo corpo lo ha fatto. Il corpo è tuo e tua è la responabilità. » « Ma io non volevo. » « Questo chissà... Ma resta il fatto che la tua volontà ha voluto. Noi, reagendo a nostra volta al fine di garantire l'equilibrio collettivo, condanniamo la tua volontà. »)
70 (Quasi sempre il « Non era sua intenzione » è un escamotage per non finire in carcere e continuare a vivere, cioè ad espandere la propria volontà, commettendo, indisturbato, il male.)
71 La verità è che l'individuo è sempre responsabile, anche quando crede di essere innocente o di non avere avuto l'intenzione di. Chi commette il male è perché è stato stimolato e indotto a farlo. Certo, in molti casi queste dinamiche sono inconscie, nel senso che il ricordo dell'induzione non c'è più, ma la disposizione si nasconde nell'essenza dell'individuo, nel suo sé profondo, ed emerge nell'azione. (Il caso è diverso quando si tratta di incidenti - ma, anche qui, bisogna analizzare caso per caso).
72 Riepilogo :
La morte non è soltanto « fisica » o « fisico-formale », ma anche « psicologica » e ha un ruoo ben specifico in natura : garantisce equilibrio e, allo stesso tempo, permette una proliferazione senza ostacoli. Ciò che si crede effetto è, in realtà, l'effetto di un effetto ; ciò che si crede causa è effetto ; la vera causa è sempre la natura. Negli esseri viventi sono contenute delle informazioni, tra cui quelle del « male » e quelle del « bene » ; alla base, non v'è preponderanza di bene o di male (idea mia) ; le informazioni sono stimolate, in un verso come in un altro, ampliate e confermate dall'ambiente, dall'educazione. Esistono dunque due tipi di « ereditarietà » : 1. quella di natura (l’informazione che fa in modo che un individuo abbia in sé la via del bene e del male) ; 2. quella familiare (gli stimoli ricevuti dagli adulti attraverso l'esempio e l'educazione). In un mondo utopico, nei primi anni dell'educazione si potrebbe intervenire affinché il bene prevalga, ma questo la natura non lo permetterebbe : in un mondo privo di dolore e morte, il sovrappopolamento e il conseguente prosciugamento delle risorse planetarie porterebbe all'apocalisse (Schopenhauer, ma vedi anche esperimento Universo 25). Una volta concluso il processo di educazione, l'individuo passa il resto della sua vita a confermare se stesso. Non esistono individui « buoni » : tutti agiscono per interesse della specie, cioè per il male. C'è una differenza tra bene relativo e bene assoluto ; il bene relativo è quello che favorisce la sopravvivenza del prossimo (vestire gli ignnudi, dare da mangiare agli affamati etc. Ma anche confortare psicologicamente il prossimo etc.) ; il bene assoluto è il superamento del bene relativo (vedi IV libro). Tutto è sempre e solo reazione. Possiamo quindi operare una distinzione fra : 1. libertà illusoria (basata su concetti astratti e falsi) e 2. libertà vera (quella che ci deriva dal reagire). Reazione e vera libertà non sono in contraddizione (vedi punti 35 e 36). L'individuo rigetta la realtà della morte a causa della sua coscienza individuale ; egli è condannato alla brama di vivere, cioè di sopravvivere, e vuole espandere se stesso per l'eternità (ma vuole rimanere lui, con la sua identità, i suoi ricordi, il suo io tutto intero e, nel caso del cristianesimo, il suo corpo tutto intero). Ognuno, essendo materia, e quindi essendo verità, conosce nel proprio intimo il suo proprio destino : la morte formale e il rimescolamento dei suoi atomi (e nient'altro). Non esiste una reale differenza tra religione « naturale » e « rivelata ». Tutte le religioni sono « naturali ». La religione è uno strumento della natura. La religione fa gli interessi della specie. Per la religione (ma non solo) la donna è un oggetto (mera macchina di riproduzione). I « pro vita » cercano di essere i « guardiani della proliferazione », i « pro aborto » del « contenimento ». L'individuo che reagisce è sempre responsabile. La responsabilità non è un fatto solo mentale, d'intenzioni.
LIBRO IV
1 Da dove nascono, realmente, le sofferenze ? Da tutto ciò che fin qui è stato esposto.
2 La sostanza materiale infinita, o realtà originaria, genera universi che, a loro volta, generano al proprio interno materia. Questa materia (biologica o abiologica) ha per iscopo quello di realizzare il proprio destino. Il proprio destino significa : sopravvivere. Questa dinamica implica la lotta di tutti contro tutti. Regna dunque la prevaricazione fisica e quindi psicologica e spirituale. Chi soffre è perché subisce questo stato di cose. Dolore e morte (formale) fanno parte del gioco ; senza di queste, infatti, la sopravvivenza del Tutto non sarebbe possibile.
3 Obiezione : « Abbiamo capito e vogliamo reagire. Ma che cosa dobbiamo o possiamo fare ? » Risposta : « Bisogna per prima cosa conoscere se stessi, poi avere una grande dose di coraggio, avere cognizione di cosa sia il piacere e, infine, è necessario che si superi la natura, pur senza mai avere la possibiliità di uscire da essa ; ed è attraverso il bene assoluto che si supera la natura. »
4 Per conoscere se stessi vi sono tre tappe : 1. conosci la tua passione ; 2 conosci la tua psicologia ; 3. conosci la filosofia che spiega in che mondo vivi.
5 La passione è ciò che ti caratterizza e deve essere quello che ami fare nella vita.
6 La passione non deve contrastare con le tue capacità naturali. In merito alle nostre inclinazioni, scrive Cicerone che « non è opportuno infatti andare contro la dote naturale e cercare di ottenere quello che non si può, » (De officiis, I, 31, 110).
7 « Sarà opportuno che ciascuno esamini quali sono le sue doti naturali e quelle indirizzi a buon fine, senza sperimentare quanto le tendenze altrui gli si addicano ; a ciascuno infatti conviene cio che gli è proprio, » (Ibid., I, 31, 113)
8 Obiezione : « E se la dote naturale implica la necessità di fare il male o il bene relativo ? » Risposta : « Si sceglierà sempre il minore dei mali : il bene relativo, che è sempre male, ma per lo meno non crea tormento verso gli altri. Ognuno perciò eviti di essere un diavolo per l'altro, anche a costo di dover cambiare lavoro. » « E il tormento interiore ? » « Quello potrà essere gestito mettendo ordine dentro di sé, attraverso la conoscenza della natura per mezzo della filosofia (dinamica, questa, non sempre facile o non facile per tutti). »
9 Scegliere però il ruolo che vogliamo interpretare nella vita non dipende, come vuole Cicerone, dalla nostra volontà, ma dalla nostra reazione.
10 Conoscere la propria psicologia è altrettanto fondamentale. Questa si riconosce e si modifica partendo da diversi aspetti : l'analisi dei pregi e difetti della tua famiglia ; i messaggi ricevuti in famiglia e la tua posizione esistenziale (qui possiamo attingere grossomodo all'Analisi transazionale).
11 Partendo ad es. da tuo padre ne elencherai i principali pregi e difetti. Poi ti chiderai : « Quali di questi più o meno mi appartengono ? » Tu non sei una copia esatta dei tuoi genitori, ma una variazione (ma hai in più un quid di originalità che emerge col tempo). Nella variazione però potresti avere aspetti molto simili ai tuoi genitori, anche se vissuti a tuo modo. Allora potresti riconoscere che sei pessimista come loro (o uno di essi), o hai la testa fra le nuvole come loro. Se condividi con lui un pregio, mantienilo ; se condividi un difetto valuta : è grave o piccolo ? Posso gestirlo o debbo scacciarlo via a tutti i costi ? Tutto ciò non va fatto una sola volta, ma deve essere spesso meditato. Non è una cosa difficile da fare, anzi, è addirittura banale - ma utilissima.
12 I messaggi familiari (che formano poi il copione di vita, per dirla con Eric Berne) sono diretti o indiretti, verbali o non verbali. Di fatto, è l'educazione familiare. « Nella nostra famiglia si vive nel disordine ; » « Siamo medici da generazioni ; » « La vigliaccheria è parte di noi ; » « Nella nostra famiglia siamo egoisti, spiritualisti, anti-democraitici etc. etc. ; » « Qualunque cosa farai, non saremo mai fieri di te ; » « Siamo ipocondriaci e depressi dal 1802... » e così via.
13 I bambini interpretano questi messaggi, che spesso amplificano, e, senza saperlo, diventano dogmi, ed è cosi che costruicono la loro identità psicologica.
14 (Non va escluso che un bambino reagisca al disordine, manifestando compulsività, oppure all'eccessivo ordine, manifestando rivolta - ma sempre di reazione si tratta. A contatto con la società, queste dinamiche possono essere poi proiettate : chi reagisce con la rivolta, potrebbe abbracciare ad es. ideologie politiche che lottano contro il sistema. Chi invece reagisce con coerenza ai messaggi genitoriali - spesso vere e proprie maledizioni - potrebbe proiettare la propria mancanza di stima in ideologie dove gli individui sono sottomessi, repressi o uccisi. In genere è positivo quando un individuo reagisce per moto contrario ai messaggi genitoriali : sono quelli che hanno più possibilità di liberarsi - ma bisogna che si evitino degli errori, come buttare il bambino con tutta l'acqua sporca... e allora questa non è liberazione, ma solo nevrosi, ovvero l'obiettivo diventa solo quello di contrariare i messaggi, senza mai riuscire a liberarsi da essi.)
15 Ognuno deve assolutamente prendere coscienza di questi messaggi. Certo, non tutti riescono a farlo da soli, e allora bisognerà chiedere aiuto. Altrimenti si proceda con determinazione in solitaria.
16 Presa coscienza dei messaggi, si proceda come per i pregi e i difetti. Vuoi infatti essere un medico perché è la tua passione, la tua dote ? Oppure perché vuoi far piacere ai tuoi genitori ? O peggio, lo vuoi per il prestigio sociale che ne deriva ? O ancora, per i soldi ? Queste sono domande semplici, ma profonde e radicali.
17 Ripeti sempre a te stesso : « Non devi dimostrare niente a nessuno ». Una stella, infatti, agisce perché ciò è il suo destino, e non perché vuole dimostrare ad altri la propria potenza. Questo, inoltre, ti aiuterà anche a gestile lo stress e a mettere ordine nella tua vita.
18 Bisogna poi, capite queste dinamiche, analizzare bene quale sia la nostra posizione esistenziale che ne deriva (qui ti rimando al testo di Eric Bern, Ciao e poi ?) In ogni caso, dal mio punto di vista, e qualunque sia la posizione tua o di ognuno, bisogna agire affinché la si modifichi nella seguente : « Io sono OK e gli altri possono essere OK ».
19 La posizione esistenziale non va confusa con la posizione sulla natura delle cose. Questa è diabolica. Sempre.
20 Infine cerca di avere un sistema filosofico di riferimento che ti aiuti a capire chi sei in relazione al mondo, cos'è il mondo, perché vieni al mondo e perché la natura vuole che tu venga al mondo.
21 Fondamentale, oltre alla conoscenza di se stessi, il coraggio.
22 Che cos'è il coraggio ? È la forza d'animo. Se la natura è il male, se tutto è male, non possiamo che reagire. La vita è una lotta ; bisogna perciò stare sempre in guardia, ma senza mai chiudersi in se stessi. Va trovato un equilibrio tra prontezza e apertura verso la possibilità di beni assoluti.
23 « È proprio d'un animo forte e costante non turbarsi nelle avversità, né perdere la testa nelle difficoltà, ma conservare la propria presenza di spirito e capacità di riflessione, senza scostarsi dalla ragione, » (Cicerone, De officiis, I, 82)
24 Durante la giornata può arrivarti qualunque cosa : sii pronto, reagisci. E in casi rari, se necessario, reagisci con il mors tua uita mea.
25 « La fortuna teme i coraggiosi, schiaccia i vili, » (Seneca, Medea)
26 Il coraggio poi si manifesta anche nel contemnere mortem, ovvero nel tenere in poco conto la morte.
27 La morte formale è un processo naturale : è trasformazione eterna e infinita di tutte le cose. questa verità non va soltanto capita, ma meditata.
28 « Prendi in considerazione ogni cosa esistente e pensa che è già vicina a dissolversi e trasformarsi, come in uno stato di decomposizione e dispersione, o in che modo fa parte della sua natura l'essere nata, in un certo senso, per morire, » (Marco Aurelio, Pensieri, X, 18)
30 Il nostro corpo si trasformerà e tornerà alla natura, la quale ricombinerà i nostri atomi, per generare nuova materia. Questo è un aspetto dell'eterno ritorno.
31 « Rifletti continuamente come tutto in passato accadde tale quale ora accade, e accadrà in futuro. Tieni davanti agli occhi quei drammi e quelle scene dello stesso tipo che hai conosciuto per esperienza personale e dalla storia antica, coe, ad esempio, l'intera corte di Adriano o quella di Antonino ; o di Filippo, di Alessandro, di Creso ; perché quelle erano totalmente come queste, cambiavano solo i personaggi, » (Marco Aurelio, Pensieri, X, 27)
32 La nostra coscienza individuale svanirà. Il ciclo di rinascite concernerà solo la materia, la quale avrà, di volta in volta, nuova coscienza. Ciò che voglio dire è che noi non avremo a lottare di nuovo. Ma se per un tragico scherzo del destino, o per un ulteriore paradosso, noi manterremo, in qualche modo o in qualunque forma, la nostra coscienza individuale... ebbene, riprenderemo la lotta, senza tirarci indietro, senza esitazione.
33 « La morte mi mette alla prova tanto spesso? Faccia pure: la conosco da molto tempo."Da quando?" chiederai. Da prima di nascere. La morte è il non essere. Ormai so che cosa sia: dopo di me sarà ciò che fu prima di me. Se nella morte c'è sofferenza, ci deve essere stata necessariamente la stessa sensazione anche prima che venissimo alla luce ; ma allora non abbiamo sentito alcun dolore, » (Seneca, Lettere a Lucilio, 54)
34 Per quanto difficile e, a volte, impossibile, bisogna affrontare con coraggio il dolore fisico. Mentre davanti a chi non ce la fa, a chi cioè decide di anticipare con dignità l'uscita di scena, bisogna che si faccia silenzio (Turoldo).
35 Arrivati a questo punto, è importante avere, come dicevo, cognizione di cosa sia il piacere.
36 Se qualcosa c'era da imparare dalla pandemia, è che qualunque piacere, sia esso piccolo o grande, riveste un'importanza strutturale (e cruciale) per gli esseri viventi.
37 Dal mio punto di vista, però, il piacere si divide in due categorie : 1. il piacere primitivo ; 2. il piacere sublime.
38 Il piacere primitivo è tutto ciò che riporta l'uomo al suo stato selvaggio : la brama o pulsione sessuale incontrollata, lo sport (l'antropologia ha svolto studi interessanti a questo proposito), il contatto con la natura (la simbiosi con il male), ogni forma di spiritualità panteista, la discoteca (e non dico questo con tono moralistico, basti pensare ai ritmi utilizzati, costruiti sul battito cardiaco - è cioè un tipo di musica frequente nei riti tribali) ; giochi di simulazione della guerra, come il Softair, etc. Insomma, il ritorno o la simulazione di una dinamica primitiva.
39 Il piacere primitivo è passeggero, crea turbamento e il benessere che procura non è duraturo ; e la sua gioia è illusoria : « Sempre, infatti, alla gioia mondana, succede, rapida, la tristezza, » (Lotario dei Conti di Segni, Il disprezzo del mondo, Cap. 23)
40 Non possiamo, però, avere un atteggiamento di condanna a priori verso tutti i piaceri primitivi. Ad esempio, nella gestione dello stress, l'attvità fisica è fondamentale, perché rigenera il corpo, espelle le tossine, riduce l'ansia.
41 Si utilizzino dunque, ove strettamente necessario, alcuni strumenti forniti dalla natura, se questi aiutano a darci equilibrio, per poi reagire contro la natura stessa, muovendo verso una condizione più alta. Questo non entra in contraddizione con il fatto che la natura è sempre il male ; anche in una trincea puoi trovare un piccolo fiore.
42 Al contrario, il piacere sublime è tutto ciò che eleva l'uomo e lo soddisfa pienamente : la vera musica, l'arte in genere, lo studio della storia, la meditazione, la filosofia, i viaggi culturali, etc. Esso è meno passeggero rispetto al piacere primitivo (che vuole se stesso, senza fine) e crea equilibrio, nutre il corpo.
43 « Sappiamo di avere i nostri momenti più felici quando (in seguito a contemplazione estetica) ci siamo liberati dai fieri impulsi della volontà e quasi ci eleviamo al disopra dell’atmosfera terrestre. » E ancora : « Un tal uomo, che dopo molte lotte amare ha vinto la propria natura, rimane un essere puramente intellettuale — uno specchio limpido e liscio dell'universo. Nulla può turbarlo, può agitarlo, giacche ha troncato tutti i mille nodi coi quali la nostra volontà ci stringe al mondo, ci tira a ora di qua ora di là, facendoci soffrire nel desiderio, nella paura, nell'invidia, nell'ira, » (Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, 1819, Erm. Bruc., 1915, pag. 135)
44 Piacere primitivo e piacere sublime sono entrambi piaceri sensibili, non spirituali. Il loro effetto su di noi è di tipo materiale.
45 Veniamo ora al bene assoluto (o beni assoluti). Qualunque cosa faccia l'uomo è - male. Il bene relativo è anch'esso male, perché viene fatto, direttamente o indirettamente, per un interesse di specie e, il benessere che si prova nel compierlo, è un inganno della natura : il petto si dilata, la vita sembra avere un senso - e la natura sogghigna.
46 Il bene assoluto è il superamento del bene relativo ; sta scritto infatti : « Non di solo pane vive l'uomo, » (Anonimo).
47 Alla natura, una volta compiuto un bene relativo, non interessa che si vada oltre.
48 Andare oltre significa entrare in intimità con l'altro.
49 Per « altro » però non va inteso solo un membro della nostra specie, ma ogni essere vivente.
50 Intimità è quando comprendiamo, profondamente, la condizione in cui l'altro versa. Non si tratta solo di compassione, di sentire il dolore altrui, ma di penetrare nella totalità della nostra condizione cosmica (dolori, timori, piaceri, tormenti, gioie, aspirazioni, fallimenti), la mia e la sua assieme. È quando, guardandoci negli occhi, sorridendo, noi capiamo. È un misticismo non verso un'idea platonica, una fantasia, ma verso un altro essere vivente. È, per quanto fugace e non spiegabile interamente a parole, una vera unione di anime materiali. La mano tesa che asciuga le lacrime, l'abbraccio, il sorriso pronto, è quello di due soldati in trincea nell'attesa che si dia l'assalto finale. In questa fugace ed eterna intimità, noi otteniamo un'altrettanta eterna e fugace consolazione. La consolazione ci dà pienezza di vita : redime la nostra esistenza. È questo l'uomo nobile, contrapposto alla natura malvagia. Prontezza e nobiltà devono o dovrebbero guidare le nostre vite. Ecco dunque in cosa consiste la liberazione.
51 Sul mio petto fiorito,
che intatto sol per lui tenea serbato,
là si posò addormentato
ed io lo accarezzavo,
e la chioma dei cedri ei ventilava.
La brezza d’alte cime,
allor che i suoi capelli discioglievo,
con la sua mano leggera
il collo mio feriva
e tutti i sensi mie in estasi rapiva.
Là giacqui, mi dimenticai,
il volto sull’Amato reclinai,
tutto finì e posai,
lasciando ogni pensier
tra i gigli perdersi obliato.
(San Giovanni della Croce, Notte oscura)
52 Intimità - Consolazione - Redenzione deve diventare, per un individuo, la questione centrale dell'universo. E nell'universo, il centro, è in ogni luogo.
53 L'insieme di queste cose, vissute alla tua maniera e secondo ciò che la vita ti riserba, ti renderanno un individuo unico. L'applicazione di questi precetti, o se vuoi di questa via, da parte di persone diverse, porta a risultati diversi ; questa è l'unità nella differenza.
54 Per unità nella differenza noi vogliamo intendere : tante unicità differenti che muovono verso un'unica meta : una relativa felicità.
55 L'uomo nobile vive di piaceri sublimi e di beni assoluti.
56 Ebbene, caro lettore :
...pur sorge il dí, ch'io ristorar ti possa
de' lunghi tuoi per me sofferti affanni.
57 Questa è la verità - o la mia verità ? - che fin qui ho avuto la forza di esporci. Voglio però prendere da te congedo, richiamandomi ancora - forse indegnamente - al pensiero d'un caro amico, nonché il più grande tra i filosofi, che ci ha accompagnati in questo breve viaggio e che, forse, continuerà ad assisterci nei momenti di sconforto e, per taluni, di disperazione. « Nell'applicazione dei princìpi, » scrive l'imperatore filosofo, « assomiglia al pugile, non al gladiatore, perché quest'ultimo la spada che gli occorre ora la mette via e ora la riprende, mentre il pugile ha sempre a disposizione la sua mano, e non deve far altro che chiuderla, » (Marco Aurelio, Pensieri, XII, 9)
Cura ut ualeas.
Comments