di Walter Amirante
Johann Tetzel, domenicano, inquisitore degli eretici, sottocommissario per la predicazione dell'indulgenza di San Pietro nella diocesi di Magonza e Magdeburgo in Germania, risulta essere ai più un nome pressoché sconosciuto. Eppure ebbe un ruolo cruciale nell'ambito della storia europea del '500: fu lui la goccia che fece traboccare il vaso della Riforma protestante. Le 95 tesi di Martin Lutero furono scritte come risposta, e reazione, alla sua predicazione. Tuttavia la storia, nei suoi confronti, fu implacabile.
Da un lato, i protestanti costruirono un'immagine negativa del domenicano, descrivendolo come un ignorante in teologia, in latino, e un truffatore avido di denaro disposto con ogni mezzo ad ingannare il popolo; dall'altro i cattolici, in un primo momento, lo additarono come responsabile dello scoppio della Riforma e dello scisma all'interno della Chiesa. In realtà rappresentò solo il “fattore scatenante”, mentre i motivi dello scisma furono molteplici (corruzione dilagante nella Chiesa, nepotismo, simonia, etc.); la questione dunque non aveva a che fare soltanto con la predicazione delle indulgenze, ma con la differenza strutturale – nonché diffidenza millenaria - tra la cultura germanica e Roma.
Sicché Tetzel venne relegato a “capro espiatorio” da entrambi gli indirizzi religiosi. I racconti leggendari faranno il resto. Negli anni che vanno dal 1504 al 1510 predicò le indulgenze concesse dal Giulio II per l'Ordine teutonico. Johann Petreius, a tal proposito, narra che nelle diocesi di Merseburg e Naumburg, in un luogo non precisato, Teztel vi rimase un giorno in più, raccontando alla popolazione che la notte precedente aveva “sentito” un'anima, “apparsa” davanti ad una chiesa, che chiedeva aiuto. Bisognava dunque fare un sacrificio per salvarla, cioè dare soldi, altrimenti sarebbero stati considerati “fornicatori” e “adulteri”.
“Per quanto assurdo possa apparire, in Europa si cominciò a vedere di cattivo occhio la vendita delle indulgenze finalizzata alla produzione di capolavori.”
Petreius era ovviamente un sostenitore della Riforma e contribuì a confermare l'idea di un predicatore bugiardo e truffaldino. Le tradizioni però sono dure a morire tant'è che nel film del 2003 Luther, Genio, ribelle, liberatore con Joseph Fiennes, viene data un'immagine tetra e romanzata di Tetzel dove il personaggio toccherà il suo apice, rivolgendosi ad un paesano, nella battuta: “Uomo timorato di Dio; hai una moneta per Cristo?” Inoltre, il cattolico Johannes Hass riporta un discutibile argomento del domenicano per cui, attraverso l'indulgenza, era possibile rimettere anche un peccato che prevedesse la profanazione della Madre di Dio.
Ma appare sicuramente vera la celebre rima: “Quando cade il soldin nella cassetta/ l'anima vola al cielo benedetta,” poiché riportata, oltre che da Hass, anche da Lutero nella ventisettesima tesi: “Hominem praedicant, qui statim, ut iactus nummus in cistam tinnierit, evolare dicunt animam,” mentre in realtà, continua il monaco nella tesi successiva, con questa pratica "aumenta soltanto il profitto e l'avarizia" - torneremo a breve su questo. Ora, Tetzel non era certo un santo e la sua figura va contestualizzata. La Chiesa rinascimentale era fortemente contraddittoria, dedita spesso all'immoralità e alla gloria temporale; e tuttavia fu capace di generare un patrimonio artistico unico al mondo: se possiamo dirci “italici” - e non uso volutamente l'espressione “italiani”, poiché antistorica per quell'epoca - ed esserne fieri, è anche grazie alla Chiesa di cui sopra.
Pertanto il Nostro fu, come vedremo, un tassello fondamentale per la costruzione di questa identità positiva. Ma facciamo un passo indietro. Alberto di Magonza era già vescovo di Magdeburgo; e tuttavia volle una seconda sede, a Magonza appunto. Formalmente questo non era possibile. Alberto dovette quindi chiedere un prestito ai banchieri Fugger di 29.000 fiorini per comprare, a Roma, la carica e la dispensa papale affinché potesse avere più vescovati. Con la bolla Sacrosancti Salvatoris et Redemptoris (1515) Leone X gli concesse di dispensare l'indulgenza (già proclamata l'anno prima per la costruzione della “fabbrica di san Pietro”), e per un tempo di otto anni.
Metà del ricavato avrebbe rimborsato il debito con i Fugger; mentre l'altra metà sarebbe stata destinata alla “fabbrica”. Qui entra in scena Teztel con la sua decennale esperienza nella vendita delle indulgenze; un compito evidentemente delicato da cui dipendevano le sorti di Alberto di Magonza, il quale, aveva promesso un pagamento “immediato” di diecimila ducati d'oro al papato. E' quindi possibile, tenendo conto del contesto, che il domenicano, pur di fare cassa, esagerò e drammatizzò la sua predicazione: bastava quindi una “moneta sonante” per liberare un'anima, oppure ottenere la remissione di qualsiasi peccato (anche quello ritenuto tra i più terribili, come punto violare la Madre di Dio). Non solo, sembra che Tetzel vendesse indulgenze con effetto “proattivo”, ovvero capaci di rimettere peccati che non erano stati ancora commessi.
Insomma, grazie alla sua opera metà del ricavato servì, da un lato, per continuare l'opera di assestamento delle fondamenta e di demolizione della vecchia basilica costantiniana; dall'altro a finanziare i progetti di Bramante, Raffaello, Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo, che avevano l'obiettivo di portare a termine la costruzione della nuova basilica di san Pietro. Ma Leone X, per via del suo carattere “mite” - sebbene anch'egli profondamente contraddittorio – non fu mai all'altezza del suo predecessore “visionario” Giulio II.
Assegnò infatti, inizialmente (1513), la somma di 60.000 ducati annui alla “fabbrica”, ma con il problema venutosi a creare con Lutero (e non solo, poiché vi fu indignazione un po' ovunque in Europa per via del “metodo” con cui i soldi venivano ottenuti), il papa leonino dovette “rallentare” i lavori, giudicando le idee del suo predecessore troppo “ardite”. Tuttavia non va' escluso che quei soldi furono comunque utilizzati dal pontefice per foraggiare la sua corte di artisti, pittori, scultori, poeti, etc. – pensiamo sempre alle grandi, seppur esigue di numero, commissioni papali (vedi la Sagrestia Nuova in Firenze ad opera di Michelangelo). Insomma, per quanto assurdo possa apparire, si cominciò a vedere di cattivo occhio la vendita delle indulgenze finalizzata alla produzione di capolavori, e Leone X dovette adattarsi.
Indubbiamente, alla Riforma protestante vanno attribuiti numerosi meriti; ne riportiamo solo alcuni: 1. la traduzione della bibbia in tedesco, andando a discapito del rozzo latino ecclesiastico, ebbe come conseguenza la necessità di “alfabetizzare” la popolazione, la quale ebbe “accesso diretto” alle sacre scritture – mentre in ambito teologico vi fu l'inizio di una feconda ricerca biblica; 2. la negazione della “transustanziazione”, il dogma che prevedeva, per magia, la trasformazione del pane e del vino in carne e sangue (per Lutero, al contrario, v'è la presenza reale di Gesù Cristo ma il pane e il vino permangono nel loro stato. Nel protestantesimo troviamo anche altre posizioni più marcatamente “simboliche”); 3. la nascita di un “atteggiamento critico” verso il principio di autorità, etc.
Purtroppo questi frutti positivi si accompagneranno ad una certa “tristezza di fondo”: ci sarà ad esempio una radicale contestazione dell'immagine (con posizioni discutibili: vedi Bellarmino, De ecclesia triumphante, Libro II) e all'uso del denaro ad artis beneficium. Cionnonostante la Riforma influenzerà, direttamente o indirettamente, la pittura (vedi Bruegel). Mentre l'architettura non verrà particolarmente valorizzata, poiché si porrà l'accento sulla "comunità dei fedeli", e non sull'edificio in sé. Al contrario, tutta la forza creativa e intuitiva, in buona parte, sarà incanalata in modo specifico verso l'arte musicale (pensiamo a Buxtehude, Bach, etc.), con risultati sbalorditivi.
Tornando a noi, Johann Tetzel non ebbe però una importanza soltanto relativa (come capro espiatorio o promotore indiretto delle arti), ma soprattutto teologica. La sua figura è stata rivalutata (anni duemila) a partire dai corposi studi effettuati sul Vorlegung (1518), ossia la sua “presentazione” e confutazione delle tesi di Lutero. Di fatto, Tetzel fu il primo oppositore cattolico di Lutero e della Riforma. Pertanto, per poter “combattere” ad armi pari con Lutero, scrivendo in vernacolare, dimostrò una conoscenza profonda della dottrina e della tradizione cristiana, nonché dei teologi.
Dunque nel Vorlegung tutto troviamo fuorché il personaggio caricaturale che la storia ci ha tramandato. Il domenicano era seriamente preoccupato per le “conseguenze” del pensiero di Lutero e per il futuro della cristianità: se infatti Cristo volle che le persone fossero “una cosa sola in Lui”, come era possibile avviare un processo di “frammentazione” della Chiesa? Tuttavia le sue confutazioni non vennero prese in considerazione e l'ombra della storia, come una maledizione, discese su di lui. Prima di morire ebbe una sorta di “conforto” da parte di Lutero, il quale, attraverso una lettera, scrisse che la polemica nata con le 95 tesi non era rivolta a lui personalmente, ma al problema in sé. Ad ogni modo, la morte di Teztel fu la morte di un'epoca.
Bibliografia
Johann Tetzel als Kontrahent Martin Luthers im frühen Ablassstreit
Johann Tetzel’s Rebuttal Against Luther’s Sermon on Indulgences and Grace
Marco pellegrini, Treccani, Enciclopedia dei papi (2000)
Martinus Lutherus, Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum, 95 Theses
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