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Walter Amirante

Sketches filosofici 2/3

Aggiornamento: 19 mag 2024

Supra humanitatem artem societatem scientiam et cetera


(Scuola di Atene, Raffaello Sanzio, 1509-1511, Dettaglio)



I


È incredibile come nei trattati d'armonia si trovi tutto ed il suo contrario. Uno dice che l'alterazione della quinta (in senso discendente: Do Mi Solb che risolve sul Fa) è perfetta; un altro (Paul Wachs) che è "cattiva" se non è accompagnata da una doppia alterazione: Do Mib Solb). Ma perché Wachs preferisce la doppia alterazione? Semplice: perché al suo orecchio piace di più! E infatti poco dopo è costretto ad ammetterlo.



II


Alcuni si domandano del perché del declino dell'Opera. Faccio notare che la morte di Giacomo Lauri Volpi è stata riportata, nel 1979, con un articoletto a pag. 8 dell'Unità, in fondo e accanto ai Programmi Tv e alla pubblicità della Pam Supermercati. In modo particolare la sua foto è accompagnata da piselli reidratati, tonno Rio mare, crackers Delser, pizza napoletana, confettura e orzo solubile, per un totale di 3.335 lire...



III


La vera decadenza, in ambito musicale, si vive anche per una ragione molto semplice: un qualunque studente dell'800, di una qualunque istituzione di provincia, conoscerebbe la musica cento volte meglio di un attuale docente di conservatorio/accademia/etc., il quale - e non è una mera provocazione - in un ipotetico confronto verrebbe umiliato e coperto di vergogna.



IV


Gli insegnanti sono ancora lì a fare lezioni soporifere e a spiegare Dante e Manzoni come il prete il vangelo a messa... e che risultati! Ma ecco un'idea semplice, non nuova: 1. Insegnare la metrica agli alunni e divertirsi a modificare o riscrivere i versi della Commedia, in modo ironico; 2. Recitare I promessi sposi in classe, affidando ruoli (ricavare un coro per tutti gli altri), e così per tutta la letteratura, e per sempre.


V


Fortasse uel certe plebs antiquorum linguam non intelliget (sed quid nobis cum alienis?...). Barbara russia uolt agere fallaciaeque terroris regimen: immo imperium occidentalem habebit atque magnum tumultum ucrainum. Ut Aegisthus: "Taci. Sgombrami il passo; io tosto riedo; trema!"

VI


Un prete o un religioso che non ingaggi una battaglia radicale contro il male della pedofilia nella chiesa (o che almeno non tuoni sul pulpito in modo convincente e credibile contro di esso), non è una brava persona. Inutile che parli di "amore" o di gite parrocchiali. E potrà anche aiutare i poveri: rimane complice morale, dunque la sua beneficenza è espiatoria nei confronti delle centinaia e centinaia di migliaia di vittime di abusi da parte della sua comunità mondiale.



VII


Da un punto di vista musicale/artistico, più vado avanti e più la realtà - anche volendo io essere benevolo - parla (e mi parla) chiaro: l'istituzione, in tutte le sue forme, annienta l'individuo grande, e il piccolo lo polverizza (e lo fa professore...). Istituzioni di qualità sono rarissime (e vanno comunque guardate con sospetto, dando loro una fiducia ad orologeria). Deve fare tanta pena e tristezza chi confida in istituzioni o ambisce a farsi mantenere dallo Stato.



VIII


Nella mia critica (a volte spietata) contro il virtuosismo ho scoperto avere un illustre predecessore: Sibelius. Dichiara il grande compositore: "...non dimenticate mai l'incredibile idiozia del virtuoso; naturalmente non parlo di alcune grandi e gloriose eccezioni. (...) Che razza di divertimento ci può essere a guardare un imbecille, aspettando il momento nel quale comincerà a darsi da fare con il suo Stradivario o Guarnerio o che altro sia? Una volta sentii il Concerto per violino di Beethoven suonato da (e nominò uno dei più famosi violinisti del secolo scorso). Durante il lungo preludio fui completamente affascinato da quella stupida faccia e attratto irrestibilmente dal magico effetto di un cervello vuoto." (Conversazioni con Sibelius, pag. 90)


IX


Guardando un dipinto iperrealistico viene ovviamente da pensare: "È una fotografia," cioè - non è pittura. La stessa cosa accade quando si ascolta un virtuoso suonare, e si pensa: "È il circo".



X


Se facessimo i nomi, ad es., delle più celebri cantanti ai tempi di Puccini, tutti strabuzzerebbero gli occhi - sono, infatti, perfetti sconosciuti. Questo è il destino dei cantanti. Quindi dico loro - per quanto ciò valga poco - profittate del momento per abbandonarvi all'arte, al canto; cercate la verità, perché siete - fantasmi. Nessuno cercherà per voi la verità dell'arte (come accade con i compositori, dal momento che le partiture restano).

XI


Un qualunque musicista, prima di decidere di dedicarsi alla composizione, dovrebbe per prima cosa ascoltare una decina di volte Daphnis et chloé di Ravel. Se dopo tale esperienza ha la forza morale, intellettuale, e creativa, di proseguire, allora vorrà dire che è davvero nella sua Natura e psicologia, e potrà forse fare grandi cose. Altrimenti deve dedicarsi ad altro ed evitarci l'ennesimo atonalismo o minimalismo da spot pubblicitario.

XII


Non c'è niente di più patetico, nel mondo dell'arte e della musica, di uno pseudo artista fallito che, non avendo fatto carriera o allievi in carriera, parla di "titoli" "professionismo" "formazione continua" etc. etc. Tutto ciò per riempire il vuoto cosmico della propria esistenza (artistica). Egli è come un terrapiattista che, intrufolatosi nella NASA, pretenda di spiegare la fisica a chi ha appena deviato un asteroide dalla traiettoria della terra. XIII


Nel mondo dell'arte il problema degli insegnanti di base è questo: essendogli sconosciuta la verità artistica avranno la tendenza ad insegnare come è stato loro insegnato (è un riflesso meccanico e li rassicura). Non hanno né la forza né la capacità di mettere in discussione il metodo. Inoltre si vergognano di riconoscere i propri limiti (ad es. mantengono gli allievi più del dovuto, e questo anche sotto la spinta della necessità economica). La cosa peggiora quando la società fa credere loro che il titolo in arte valga qualche cosa... e allora abbiamo anche il complesso del paesano titolato (lui crede di avere "meriti").



XIV


Il panitalianismo musicale è giusto ed è quindi incredibile che La figlia del Faraone di Cesare Pugni non figuri nel repertorio del corpo di ballo della Scala. Vengono eseguiti soltanto balletti stranieri (ad eccezione di Ballo Excelsior). Al contrario, La figlia del Faraone è tra i balletti più importanti del repertorio russo. A questo sommiamo anche il fatto che l'Opera in Italia è ormai morta. Mi chiedo: gli Italiani che si vantano di "lavorare", a quale scopo lo fanno? Perché se è solo per sopravvivere, mangiare pizza, guardare il pallone che rotola, pagare stipendi di politici scemi o di professori falliti, allora spero che questo paese di porci soccomba al più presto.



XV

È sotto gli occhi di tutti che le invocazioni del papa sono farlocche e rivolte all'aria. Per due anni ha invocato Dio (invano) affinché ponesse fine alla pandemia (anzi, ricordo perfettamente che dopo averlo pregato i contagi aumentarono). Ora ha cambiato disco e invoca Dio (o in nome di Dio) affinché vi sia la "pace" in Ucraina. E non accade nulla. Nel primo caso è la Scienza che ci ha salvati, per così dire; nel secondo sarà la lotta armata e una trattativa finale (com'è sempre accaduto nella storia). Allora mi chiedo: che senso hanno tutte queste grottesche invocazioni? Semplice: sfogare la tensione psicologica, il pesante stress che deriva da situazioni tragiche e che l'uomo comune non riesce a sopportare. L'invocazione, la preghiera, la speranza nei fantasmi aiutano la psiche a non soccombere alla realtà.

XVI


Napoleone individua, e giustamente, un etterno principio di Natura, quando afferma: "...il vecchio sistema è al suo termine, ed il nuovo non è stabilito, e non lo sarà ancora senza grandi e furiose convulsioni." (Napoleone Bonaparte, Memoriale di sant'Elena, ma non ricordo più dove)



XVII


A differenza del teatro di prosa dove, veramente, ogni ruolo è fondamentale e ha una propria dignità, nel mondo dell'Opera soltanto i protagonista sono degni, e tutti gli altri (coristi compresi) hanno solo una mera utilità scenica. Questa è la verità (dura, sicuramente). È così perché l'Opera è strutturata in questo modo. Se non piace... che vengano commissionate nuove opere.



XVIII


Io mi convinco sempre di più che il fallimento (o la Caporetto) di molti sedicenti artisti consista in questo: sono vittime di una sconsiderata fiducia nelle istituzioni formative e di idee dominanti completamente sballate. E nutrono un completo disinteresse verso la tradizione secolare e i criteri di questa.

XIX


In arte non esiste la "formazione continua"; questo è un concetto aziendale certamente rispettabile ma artisticamente indegno. Da noi esiste la "ricerca continua", che è cosa ben diversa. Chi ricerca ha già una formazione, che, appunto, gli permette di fare ricerca... Ma, anche questa, non è mai fine a se stessa; la ricerca è solo un mezzo.


XX


In una qualunque scoluccia del settecento potevi trovare (est uerum factum) un bambino che recitasse a memoria seicento versi delle Georgiche di Virgilio. Oggi a mala pena i bambini conoscono l'alfabeto. E maestri e professori sono ancora lì che emettono "voti", quando sono loro i primi asinacci...


XXI


Tutto ciò che è sociale (gruppi, associazioni, istituzioni pubbliche o private, etc.) non può realizzare l'individuo unico. Il sociale procura solo "emozione" o "benessere" (questo legato ai vantaggi di specie: se aiutiamo il prossimo "stiamo bene" perché abbiamo favorito la sua soravvivenza, e la natura ci premia, ovvero ci gratifica). Dal sociale viene solo parvenza o utilità di specie. L'individuo può realizzarsi solo se infrange la bolla di vetro del sociale, che è sostanzialmente un carcere materiale e spirituale. Una volta realizzata la propria potenza, l'individuo potrà anche aderire a certi valori di specie, poiché saprà gestirli, ne sarà cosciente e potrà dominarli, accettarli o rinnegarli con mente serena, senza nulla temere e senza temere il giudizio della società (specie), che è sempre giudizio di parvenza. L'individuo muore quando lega la propria realizzazione ai valori sociali o a istituzioni della società - e, di fatto, non realizza nulla, ma prende soltanto parte alla grande farsa.


XXII


La questione del fascismo, in Italia, non è mai stata veramente risolta. Andava svolto un regolare processo con eventuali pene capitali (modello Norimberga). Lo fecero gli americani che, oggettivamente, avevano a che fare con veri e propri mostri, capolavori della psico-patologia. Noi invece ammazzammo i fascisti come cani in mezzo alla strada, in modo barbaro (con giustificazioni veramente grottesche, in cui lo stesso Pertini, uomo grande, cadde miseramente, preda della volontà irrazionale e di specie). Ecco, si affrontò la cosa di pancia, sotto impulso da resa dei conti - e questo continua tutt'ora. Da qui gli scontri da stadio tra fascisti e anti-fascisti. La Repubblica italiana è nata con la negazione del Diritto; mentre la nuova Germania con l'affermazione di esso e quindi con la risoluzione materiale e psicologica di un'epoca nefasta.

XXIII


L'Occidente ha guadagnato il diritto al dominio mondiale poiché questo gli deriva non soltanto dalla potenza militare ed economica, ma soprattutto da quella morale (diritti umani). Ci sono molti limiti e, la nostra, non è una civiltà perfetta (perché l'umanità è strutturalmente corrotta), ma da noi c'è o può nascere la possibilità di autodeterminarsi.

XXIV


Sono contento che le donne si stiano imponendo nell'ambito della direzione d'orchestra: gli uomini - che spesso si dedicano a tale pratica solo perché non sanno suonare - hanno fatto il loro tempo.


XXV


Korsakoff stesso si era reso conto di un problema enorme nell'insegnamento dell'armonia: quasi tutti i manuali si focalizzano su regole in disuso (già all'epoca) e sul modo di trattare le dissonanze etc., e notava come, a conti fatti, l'allievo non era (e non è) capace di armonizzare dignitosamente una semplice melodia, o tentare una modulazione che non sia banale. Le cose non sono cambiate. Il punto è che, quasi sempre, i manuali sono scritti non già da compositori, ma da teorici spesso sconosciuti e privi di praticità o di genio. Sicché abbiamo pecoroni che a memoria ti sanno dire tutto sugli intervalli o le risoluzioni di settime e none (magari perché hanno appena passato l'esamino per il diplomino), ma poi sono assolutamente incapaci di improvvisare o comporre un piccolo preludio che abbia un qualche senso. Ebbene, questa gente siederà poi in qualche cattedra, pronta ad abusare dei cervelli di giovani innocenti, e a recitare il ruolo di docente del nulla.



XXVI


Io ho una mia teoria (o ipotesi?) sul perché nella musica cosiddetta classica si prediliga ormai da troppo tempo l'ossessiva ripetitività del "repertorio", con uno spazio alla creatività e alle opere nuove che è pari quasi allo zero. Io me lo spiego così: dal dopoguerra si è diffuso, a poco a poco, un benessere generale che mai la specie umana aveva conosciuto. La massa ha avuto la possibilità di accedere alla musica come mai prima. Col tempo, questa si è imposta (e vuole quindi mangiarci con la musica). Ma da un punto di vista evoluzionistico che cos'è la massa, il grande numero, il generale, o detto in altri termini, la mediocrità? È mera ripetitività; mera produzione in serie di migliaia e di milioni di individui. Quando la massa s'impone e prende il sopravvento, anche l'idea di specie (cioè l'idea ossessiva della ripetitività) s'impone. E allora vediamo la riproposizione perpetua, nella musica classica, dei grandi capolavori, come se non se ne potessero creare degli altri. Ma l'idea di creazione non è conosciuta dalla massa mediocre. La creazione appartiene a pochi. E i pochi oggi sono soffocati dal generale; allorché nel passato pochi accedevano alla musica, e altrettanto pochi alla creazione. Il pubblico sì, era grande, ma non nelle possibilità economiche di intraprendere studi musicali. Al contrario il jazz vive - anche se le cose stanno cambiando, in peggio - ciò che la musica classica ha vissuto per secoli: la nicchia. E non solo: nel jazz v'è lo spirito del barocco - improvvisazione, apertura, ribellione contro il dogmatismo (il repertorio non è sacro e può essere modificato, purché suoni bene o faccia effetto). Al contrario sulla canzone popolare c'è una cosa da dire: perché la massa non impone qui l'idea di ripetitività? Perché si ha la sensazione di un flusso creativo rinnovantensi? Ebbene: è solo punto una sensazione. La canzone popolare quasi mai è profonda o complessa, e quindi ha bisogno di essere sempre rielaborata ma, a conti fatti, è un cane che si morde la coda: i testi si assomigliano tutti, e ormai anche le melodie (tant'è che i compositori hanno rinunciato all'originalità/inventiva melodica/ritmica). Ecco quindi che l'idea di ripetitività prende il sopravvento, ma sotto forma di rielaborazione che facilmente diventa plagio o sistematica citazione (volontaria o involontaria).

XXVII


L'odio nascosto verso la monarchia inglese è paragonabile a quello di Salieri nei confronti di Mozart (nel film ovviamente). Tutto il popolo italiano fa letteralmente ridere in confronto a quello inglese. Fa anche ridere il fatto di credere che il sistema repubblicano sia migliore di quello monarchico, quando in realtà vediamo (e viviamo) tutto l'opposto. Il sistema repubblicano sarebbe idealmente migliore se avesse un vero popolo - come punto quello inglese. Si critica Elisabetta, poi però si è pronti a farsi spappolare il cervello dalle idiozie del papa. Non dimentichiamo che Elisabetta era a capo di una chiesa dove donne e uomini avevano - e hanno - gli stessi diritti.


XXVIII


Anche Hitler vinse le elezioni... che utilizzò poi per distruggere la stessa democrazia. Alcuni politici di destra (di cui taccio per decenza i nomi) hanno dichiarato che quello ungherese "è un sistema democratico perché Orban ha vinto le elezioni". Ma il problema, a conti fatti, non sono questi parvenus a servizio della volontà irrazionale (con loro infatti havvi sempre una bella ventata di morte, come la storia insegna), ma chi li vota: l'italiano analfebeta mangia pizze.



XXIX

L'errore fatale di molti pseudo-artisti è quello di credere che l'arte sia una sorta di psicoterapia o, peggio ancora, un lavoro come un altro, una "professione". O ancora, un "soliloquio" che avrebbe come mero obiettivo quello di esprimere "se stessi". Tutto ciò è ridicolo e chi pensa questo è condannato all'oblio in vita: non è infatti predisposto ha pensare la grandezza. Certamente l'ultimo punto (esprimere se stessi) è in parte vero, ma manca la controparte: l'artefice deve andare in profondità ed esprimere il dolore umano. L'artefice interpreta il dolore dell'umanità e cerca di risolverlo sul piano artistico.


XXX


Sententiam occidentalem non modo grauem sed etiam ualentem arbitramur erga russiam. Humanitatem decet corrigere barbarum sine iuris doctrina ut uia recta... ambulet. Non solum uidetur clades russiae nobis irrimediabilis (uero fabimur factum esse), sed uictoriam mox intuemur - ut nuper status belli admonet sine mora.


XXXI


La scuola pubblica italiana ha due scopi: 1. aiutare i professori ad arrivare a fine mese attraverso il Reddito di sopravvivenza (senza questo infatti, andrebbero a cartoni); 2. tenere oppupata la prole in attesa che sgobbi e metta su altra plebe. Ha anche la funzione di creare "classi sociali", di selezionare quelli che dovranno sgobbare per davvero da quelli che diranno agli altri di sgobbare. In tutto ciò non havvi alcuna eccellenza. E chi eccelle non di certo lavora o sta lì.



XXXII


Gli "adulti" parlano agli anziani e ai bambini come se questi fossero scemi; con quelle vocine stupide e grottesche. Io ho avuto numerose prove che, se ai bambini parli in modo normale, ti capiscono comunque. Poi che non fanno ciò che gli dici... questa è un'altra storia.



XXXIII


Je me souviens d’un garçon qui, après avoir écouté un passage de Thomas Eliot, m’a dit : "Je ne suis pas encore en mesure de le comprendre". Inconsciemment, il a prouvé qu’il comprenait. Je ne sais plus qui il est et où il est.



XXXIV


Più passa il tempo e più mi convinco che sia la "materia" ad indicare la tecnica e lo stile all'artefice. O ancora: ciascuna materia vuole una sua propria tecnica/stile. Ad es. il disegno quando è troppo perfetto (a tutti i livelli: linea, chiaroscuro, volumi etc.), all'improvviso perde di carattere e non trasmette assolutamente nulla - se non un po' di stupore iniziale. Mentre uno schizzo, di mano di buon maestro, è più potente - o potrebbe essere più potente - della Monna Lisa di Leonardo.



XXXV


Devo dire la verità: non amo molto la scultura in marmo, e trovo abbia un che di cimiteriale. Temporibus antiquis il marmo era dipinto. Al contrario, trovo sublime la scultura in terracotta, terracotta invetriata, bronzo.



XXXVI


Se un serpente potesse parlare, alla domanda "perché uccidi altri animali?", risponderebbe: "Perché devo mangiare". Ma se egli ci rivolgesse la stessa domanda, ecco che risponderemmo: "Perché dobbiamo mangiare". L'idealista potrebbe controbattere: "Ma noi, a differenza del serpente, siamo liberi di scegliere. Possiamo infatti non uccidere altri animali per mangiare, anzi, sarebbe giusto non farlo". Ciò però che egli ignora (o vuole ignorare) è questo: se per miracolo tutta l'umanità diventasse vegetariana, il sovrappopolamento di molte specie animali soffocherebbe il pianeta, e a quel punto l'uomo, per sopravvivere, sarebbe costretto ad abbattere quegli animali e regolarne il numero delle nascite (come fanno in Cina con gli esseri umani). Questa è la "felice" condizione della razza bipede; questa la "bellezza" della natura. XXXVII


Quasi tutta la filosofia di Nietzsche non è nient'altro che un commento all'opera di Max Stirner. La differenza di "celebrità" sta in questo: e che cioè Nietzsche si guarda bene dall'utilizzare chiaramente e inequivocabilmente la parola "egoismo" (la quale riesce antipatica a tutti, soprattutto agli stessi egoisti), e allora tutto viene edulcorato da immagini mitologiche e da espressioni ad effetto ("Oltreuomo" etc.). Ma, segretamente, lo stesso Nietzsche sapeva del grande furto a Stirner (e di questo se ne preoccupava). Un altro ingrediente che lo ha reso celebre è stata la sua follia (infatti alla massa piacciono sempre le biografie tragiche - vedi Callas). Comunque, volendo essere benevoli, diremo questo: Stirner e Nietzsche rappresentano due facce della stessa medaglia, e la medaglia si chiama - volontà. Loro propongono questo: non rinnegare e non martoriare te stesso, abbandonati alla volontà di vita.



XXXVIII


È assolutamente comprensibile che all'uomo comune possa non interessare la conoscenza della lingua latina, dal momento che lui deve pensare alle "cose serie", cioè alla masticazione, al sopravvivere. Ma ad un filosofo o, se vogliamo volare più bassi, a chi crede d'essere un intellettuale, conoscere bene il latino (in modo scorrevole, non scolastico/traduttivo) è di cruciale importanza - anche sul piano meramente utilitaristico. Es.: immaginiamo di dover scrivere un saggio/articolo/tesi sulla demonologia. Bene, i testi più importanti sono scritti in latino, e alcuni non sono mai stati tradotti. Come fai? Freud ebbe modo di studiare, direttamente sul testo originale, il De praestigiis daemonum di Wier, opera che aveva in alta considerazione. Conoscere il latino significa ampliare le proprie possibilità d'indagine.



XXXIX


È abbastanza incredibile come certi musicisti siano intrisi di statalismo, e che in virtù delle "patenti" credano di avere il diritto a qualche cosa, a un panino mensile. Sono convinti di poter mescolare l'acqua con l'olio. Ora, siccome ciò è impossibile, ecco che sono confrontati alla dura e trista realtà: nell'arte eccelle e s'impone solo chi per natura può eccellere e quindi può imporsi. È così e lo sarà sempre. Martha Argerich ha - ed è - questa natura. Tutti gli altri dovrebbero cercare di avere poche pretese e, all'occorrenza, tacere; è una questione anche di decenza.


XL


Devi - o dovresti? - prendere coscienza del fatto che se "allunghi la mano" su tutto ciò che ti capita sotto (egoismo), sei mero zimbello della specie: fai cioè quello che la natura vuole che tu faccia (la qual cosa porterà alla guerra di tutti contro tutti). Ma se, al contrario, non allunghi la mano e aiuti il prossimo, la comunità, la società (in altre parole diminuisci affinché la generalità stia bene), allora sei e rimani comunque zimbello grottesco della specie: sei egoista in quanto contribuisci all'egoismo di specie, sociale, comunitario o chiamalo come vuoi. La sensazione però di "essere nel giusto" deriva dal fatto che la natura premia la generalità, perché è la generalità che deve sopravvivere. Tutto ciò è chiaramente meschino.



XLI


È facile dimostrare come la "carità" quasi mai tenga conto seriamente della persona (il suo desiderio, la sua identità). Quando si aiuta ad es. un povero o chi è nel bisogno, nessuno si ferma e dice: "Aspetta. Non preoccuparti del materiale, è relativo, e perciò ti aiuto. Ma parliamo prima di te. Raccontami di te, delle tue aspirazioni, di ciò che vorresti essere veramente; è qui che voglio esserti d'aiuto". Quasi nessuno fa questo discorso e quasi nessuno l'ha mai sentito con le proprie orecchie. Perché? Ci sono diverse spiegazioni. Una di queste è che l'individuo viene (consapevolmente o no) soppresso in nome del generale, di "Dio", "dell'Umanità". Chi aiuta in nome dell'Astratto è beato e avrà la sua ricompensa (in cielo o in terra). Chi è aiutato cos'altro deve sperare? È amato dai più, dagli "umani", o è ancora più beato perché figlio di Dio, sebbene rimanga uno straccione (non solo materialmente). La sua unicità? Troppa pena! Si dirà: "L'individuo è unico, certo! Per noi, per Dio etc. E poi... quale desiderio o identità? È un povero, oppure ha famiglia... pensasse alle cose serie. Ormai è tardi." Ma quella in questione è quindi una unicità falsata, perché in rapporto al generale, all'astratto, e non in rapporto a lui stesso, a ciò che gli è proprio; mentre il giudizio pubblicamente manifestato o segretamente pensato ("È tardi per queste cose") la dice lunga sul livello dell'aiutante (che però appare per il "generale" come persona dabbene, quando in realtà è un mediocre). Ma l'aiutante potrebbe - aggiungo io - pensare anche più meschinamente: "Non ho realizzato io me stesso! E ora mi metto dietro a te affinché tu realizzi la tua unicità? Io senza la comunità sono uno spiantato: la comunità mi ha dato un ruolo, e tu fai parte dello spettacolo. Anch'io devo pensare alle cose... serie.".

XLII


Il virtuosismo in musica ha un valore solo relativo ed è superficiale: già il fatto che un qualunque bambino cinese riesca a suonare a 5 anni la Ballata n°1 di Chopin, la dice lunga sul grande inganno di tale tendenza e pratica. Ma questa verità non fa presa sulla massa: infatti il virtuosismo vive nella pancia del plebe, nella sua volontà irrazionale - nel sensazionalismo più estremo.



XLIII


In genere l'Italiano detesta i profili alla Piero Angela - cioè profili di eccellenza e successo. Ma nei suoi confronti l'odio (anche segreto) è venuto a mancare per due motivi: 1. la pacatezza del suo operato; 2. la regolarità della sua presenza - e questo è il punto più importante; infatti andando in onda tutte le settimane, per ben quarant'anni, Angela ha rappresentato per tutti una sicurezza psicologica, un porto sicuro, un conforto etc. Mentre il contenuto dei suoi programmi non ha mai veramente attecchito sui telemorenti (ma solo su pochissimi, alcuni dei quali poi si sono dedicati alla scienza). Quasi tutti lo hanno amato per un tornaconto personale (psicologico). La sua nobiltà e superiorità non ha detto quasi niente a nessuno, e la prova di ciò è che gli Italiani sono e rimangono - nonostante quarant'anni e più di divulgazione scientifica - una banda di scappati di casa, di ignoranti e bifolchi. Piero Angela non potrà mai essere preso d'esempio, poiché significherebbe divenire vincenti e questo l'Italiano non può (e non vuole) permetterselo.



XLIV


La beatitudine che si prova o proverebbe nel vivere secondo i dettami della non violenza è esattamente un'idea che è nata sotto l'impulso sogghignante della natura: non v'è infatti individuo più perfetto di colui che rimane impotente sul piano dell'azione, e che facilmente dona l'altra guancia, o che preferisce morire piuttosto che reagire. Egli si mette nella disponibilità, all'occorrenza, di perire e di contribuire all'equilibrio naturale (controllo del sovrappopolamento). È "beato" o crede d'esserlo poiché la natura lo benedice e gli indica la suprema via. Il fatto che non pensi che dietro vi sia proprio la natura dipende dal fatto che egli è animato principalmente dall'appetito, dalla volontà, dal sentimento; ed essendo tutto ciò irrazionale, per interpretare la propria condizione, si affiderà a quelle favole che proprio l'irrazionalità ha partorito: dio, il messaggio evangelico, etc. La letteratura rende digeribile la pillola e senza di essa vi sarebbe uno sconforto totale: poiché la cruda verità lo sconvolgerebbe; non solo, potrebbe farlo indietreggiare. Ma il paradosso è questo: chi non rinuncia all'azione, e reagisce, nel non porgere l'altra guancia sopravvive (quindi vive secondo natura), e in certi casi uccide per difendersi (e la natura si rallegra). La condizione umana è veramente miserevole.


XLV


L'individuo è sempre zimbello della specie, quindi della natura. Procreare, uccidere, organizzarsi socialmente, lavorare - tutto concorre all'equilibro di natura e alla sopravvivenza. Anche chi non contribuisce al popolamento dei bipedi svolge una funzione (impedisce il sovrappopolamento). Quasi nulla è contro natura; tutto è - naturale. L'armonia interiore non è altro che allineamento con la volontà della natura. L'individuo (o la coppia) che accetta di farsi macchina riproduttiva, e ciò desidera ardentemente, proverà gioia immensa nell'aver partorito e penserà che non vi sia azione più sublime (sebbene il partorire rappresenti la cosa più banale e comune dell'universo). Ma se il desiderio non è allineato alla volontà di natura, allora si ha la contraddizione, il conflitto; e allora vediamo individui soccombere a tale suprema volontà, e avere allo stesso tempo un decadimento psicologico, e una qualità di vita bassa (non solo, odieranno la propria condizione, saranno sicuramente pessimi genitori etc. etc.). All'opposto l'individuo che allinea il proprio desiderio con la volontà di non partecipare alla riproduzione, vivrà in armonia con se stesso - la natura gioirà comunque, purché il numero di questi individui non costituisca una minaccia per la sopravvivenza (a questo provvede un pregiudizio, una condanna palese o silenziosa della massa, che guarda con sospetto chi non si fa macchina di riproduzione). Tutto ciò è ovviamente avvilente, ed è per questo che il cervello partorisce "idee di miele" - libertà, mistero etc. etc. - affinché la troupe (società, specie) non abbia l'impressione di stare a girare sempre la stessa commedia.

XLVI


La storia del Giappone è la metafora della vita dell'individuo: secoli di lotte interne, sanguinosissime, che preparano la pace interiore, l'armonia, il Rinascimento. Ma tutto ciò dura poco perché una bestia feroce è pronta, fuori le mura, ad attaccare e a colonizzarti.

XLVII


Nelle parrocchie alcuni preti con propensione alla parafilosofia parlano come se scienza e fede fossero "sullo stesso piano" - anche se poi, scavando, credono che la scienza debba invece essere subordinata alla fede... Quando però si esce dalla parrocchia, e ci si addentra nella vita reale, si scopre che le cose stanno in modo ben diverso. Scienza e fede non sono sullo stesso piano, e gli argomenti della fede sono ridicoli in confronto a quelli della scienza. È un fatto e bisogna prenderne atto.


XLVIII


"In principio era il Verbo", "In principio il Suono", "Tutto il mondo è teatro", "Tutto è burla" etc. etc. etc. sono espressioni che, al tempo stesso, significano tutto e niente: sono soltanto "proiezioni", "schemi" con cui vogliamo ingabbiare e interpretare la realtà. Se un meccanico avesse proprietà di linguaggio e propensione filosofica, direbbe: "Tutto nel mondo è Meccanica" - e anche lui avrebbe, in una certa misura, ragione. Questo accade perché quando si tratta di dover interpretare il mondo, credendo di far uso di riflessione e "oggettvità", non si fa altro che guardare dentro di sé, proiettare ciò che si è, cristallizzare il pensiero, e credere nell'oggettività di quel pensiero. La scienza manda in frantumi questi meccanismi (psicologici, fantastici). Si pretende la prova; e la prova non può essere un altro argomento (chiacchiera) formulato con lo stesso modus. L'intuito ha sempre un ruolo principe, ma senza solide prove si resterà sempre nell'ambito della "letteratura".


XLIX


Oggi in musica va di moda la "filologia"... ma se volessimo essere davvero filologici dovremmo interpretare la maggior parte delle opere barocche in modo raffazzonato e spericolato. C'erano poi produzioni di spicco, all'epoca, ma non era la norma. E comunque anche quelle di spicco non avevano nulla a che vedere con le nostre, tutte precisine e noisissime, senza alcuno spazio per l'improvvisazione (sia dei cantanti che dei musicisti).

L


La verità non è "orecchiabile"; così anche la verità in musica. Se si rinuncia al bel tema, alla melodia che facilmente si ricorda, si rischia - e parlo di rischio - l'oblio o la nicchia di specialisti/appassionati. I compositori più celebri hanno dovuto trovare un compromesso: "Conosco la verità, ma devo imbacuccarla di superficialità". È per questo che nell'ascolto di celebri capolavori si ha sempre la sensazione che qualcosa manchi. Poi però arriva Telemann e ti rendi conto che tutto ciò che avevi ascoltato prima non aveva alcun senso.



LI


Lo studio (o l'ascolto) dello Yddish in genere, ma soprattutto quello delle comunità americane, ci dà un perfetto esempio di come una lingua nasca. Ascoltandolo infatti possiamo immaginarci i vari volgari italiani (mescolanza di latino volgare e dialetti popolari). Ovviamente questa fase risulta essere spesso maccheronica, soprattutto per chi parla una lingua già tendenziamente cristallizzata e che ha avuto modo di essere, attraverso i secoli, vagliata e chiarificata. Lo Yddish subirà la stessa sorte e fra qualche secolo, dopo aver subito un lungo processo di affinamento, diverrà lingua colta. Queste dinamiche sono naturali e si ripetono; accadrà infatti che l'italiano si mescolerà sempre di più con l'inglese, per creare una lingua, anch'essa maccheronica, la quale sarà la base di una nuova che le generazioni future parleranno.


LII


Dante è come un gelataio turco che fa finta di darti il gelato e tu lo guardi imbabolato, mentre si muove e si destreggia ammirevolmente, senza quagliare assolutamente nulla. Petrarca è un cuore etereo, sanguinante, sincero dalla prima all'ultima parola, ed è lì che ti parla, solo che sei sordo perché incapace di reggere la verità nuda e cruda, hai bisogno di fronzoli, di mitologie, di gran caciara provinciale, perché è qui che sei cresciuto, qui ti senti a "casa", e te ne compiaci...



LIII


Se si mette uno scorpione in una bolla di vetro, e si avvicina una candela, lo scorpione sembrerà impazzire (non sopporterà l'alta temperatura) e inizierà ad agitare il pungiglione, finendo con l'uccidersi. La Russia è lo scorpione, la luce della candela - l'Occidente. LIV


Si continua a ritenere il Salvator mundi opera di Leonardo... È proprio vero: "Tutto nel mondo è burla".

LV


Strano che Dio non abbia illuminato il papa sulla conoscenza della lingua italiana... È da una vita che frequenta Roma e per un argentino sarebbe stato facile. Non esiste davvero uomo più trasandato e sempliciotto.



LVI


Nella destra "spinta", come nella sinistra, c'è sempre un principio di morte, o un principio che, a lungo andare, porterà a dinamiche di morte (sia psicologica che fisica). Ciò accade perché quel principio è di natura. Questa deve infatti garantire una certa percentuale di morte affinché vi sia equilibrio nella specie (si evita, tra le tante cose, il sovrappopolamento). La natura ha a disposizione diverse garanzie, e una di queste concerne l'organizzazione biologico-sociale: il principio di morte è irrazionale e, di conseguenza, nel caso in ispecie, l'elettorato è ignorante o camuffato (quando cioè appare razionale). Questa parte di popolazione inconsciamente è pronta ad uccidere (all'inizio non in prima persona, e delega): uccide diritti acquisiti, riconoscimento della dignità, psicologia di chi è diverso, inclusività etc. etc. Quando questa parte irrazionale prende il totale controllo allora abbiamo la tirannia, il fascismo, il comunismo, il nazismo - ovvero una perpetua macchina omicida al servizio della specie.

LVII


La vita degli uomini, nella sostanza, è uguale a quella dei piccioni. Tutta la loro volontà si concentra nella realizzazione di questi scopi: 1. la costruzione del nido (la casa); 2. dentro la quale far crescere i pulli (figli); 3. cercare cibo per sfamare se stessi e la prole (il lavoro); 4. I pulli pretendono, ma crescono nella curiosità (scoperta del mondo); 5. I pulli giocano e battibeccano (bisogno fisiologico del contatto); 6. I piccioni, al momento opportuno, educano la prole (insegnano loro a confermarsi nel loro essere piccioni); 7. l'educazione consisterà nel dare loro l'esempio: insegneranno ai pulli a lavorare (mostreranno vie sicure dove reperire cibo); 8. Ricerca, durante la giornata, di un momento di relax, anche sotto il sole ("vacanza"). 9. Ricerca del partner (la femmina è indipendente ma il maschio dovrà comunque dimostrare di essere in grado di reperire cibo e provvedere alla sopravvivenza, se vuole avere una vita di coppia). Questo teatrino uman-piccionesco si ripete all'infinito. In alcune specie c'è anche il tempo per la "ricerca tecnologica" (cioè ingegnarsi per sopravvivere) e presso gli umani è lo stesso: si aguzza l'ingegno sotto il peso di necessità esistenziali.

LVIII


Oggi si è molto tolleranti verso i plagi che operavano i maestri del passato; questo accade perché si vuole allontanare la delusione che ne deriva: vogliamo infatti cristallizzare il compositore e renderlo sacro."Era normale," afferma il volgo. Ciò però non è assolutamente vero. La quantità di musiche che venivano composte era abnorme (ogni settimana), e non c'era internet... dunque verificare un plagio non era semplice. Ma se si veniva scoperti la carriera poteva andare in frantumi, proprio come accadde al compositore di successo Giovanni Bononcini, nonché rivale di Handel, a Londra. Mozart plagiò Clementi (e non solo...), ma gli andò bene; tuttavia Clementi ci teneva a far sapere (nelle edizioni) che il tema del Flauto magico era in realtà una sua composizione, scritta dieci anni prima (Sonata Op. 24 No. 2). (La questione era diversa quando si trattava del riutilizzo del proprio materiale compositivo). Ciò però che era tollerato era la variazione, che comunque rappresentava una necessità assoluta vista la mole di lavoro; va comunque detto che alcuni abusarono di questa pratica (ed è comprensibile), sicché c'era chi dimostrava "genialità" per questa forma. Ma compositori originali ce ne furono, come ad es. Buxtheude, soprattutto nell'opera organistica (che è rivoluzionaria).


LIV


La musica di Bach rimarrà imperitura e vedrà la fine del mondo. Però non va dimenticato che lui attinse profondamente e quasi senza vergogna a Vivaldi e Handel. Sebbene fosse normale, tuttavia si facilitò molto l'esistenza - era certamente una necessità, visto che doveva comporre ogni giorno. Il genio c'era, ma spesso prevalse l'imitazione profonda, o la variazione sistematica. Non fu così per altri - pensiamo all'opera di Buxtehude, che rappresenta una svolta darwiniana nella musica per organo. C'è comunque una differenza tra chi ha genio per l'invenzione e chi per la variazione (o sistematizzazione di un materiale già dato). In pittura Bach sarebbe considerato un manierista. Chi conosce bene il repertorio barocco può seguirmi.



LX


L'artefice non solo deve realizzare il proprio potenziale, ma deve altresì eguagliare o possibilmente superare i grandi che l'hanno preceduto. Ciò accadrà, non accadrà? Come scrisse l'amico Seneca: l'inizio dipende da noi, il risultato anche dalla fortuna. Bisogna dunque avere chiaro l'obiettivo, a patto che si abbia natura e genio. È comprensibile che per i molti, la mediocritas, questo obiettivo sia irraggiungibile, e che quindi il pensiero costante sia quello di essere protetti e mantenuti dallo Stato, perché ciò garantisce sopravvivenza.



LXI


Devo dire che alcuni imbrattamuri hanno predisposizione; peccato che non si dedichino poi a studi seri - potrebbero dare molto con la tecnica per es. dell'affresco, la quale dura secoli e non qualche mese.



LXII


La formula della destra è: utilizzare libertà e diritto affinché, una volta eletti e al governo, si possano distruggere libertà e diritto.



LXIII


Il realismo abruzzese non riesce ad incidere su di me, poiché da mio padre ho ricevuto tutta la mentalità napoletana - un modo completamente creativo e intuitivo di affrontare l'esistenza. Non entro nei dettagli ma potrei fare conferenze su questo... L'abruzzese ha cultura di pastori e pescatori, ha i piedi per terra (anche troppo). Il napoletano è teatrante di natura, creativo, intuitivo, musicale, sentimentale (anche troppo), vola col pensiero, è abile (anche troppo...). Etc. etc. Penso di avere un carattere abruzzese, ma non una mente abruzzese.


LXIV


Sui prati della Majella tutto è brulicante e meraviglioso; ma guardando attentamente ciò che appare paradisiaco è in realtà infernale: come direbbe Schopenhauer, tutto è lotta intestina.

LXV


L'errore è di fondamentale importanza nel processo di formazione; tuttavia nei primi mesi deve essere minimizzato. Es.: un discepolo* scrive "i miei diti". Bene, oggi gli si direbbe che è un errore (aggiungendo magari un sogghigno di disprezzo o derisione). Io dico: "È vero, nell'800 si usava, ma oggi è preferibile dire 'le mie dita'"; e volendo si spiega il perché. O ancora: se durante l'esecuzione di una sonatina sbaglia una nota (che però, facendo parte della tonalità, suona comunque bene) allora si dirà: "Ciò che hai suonato è buono, soprattutto se improvvisi o componi un tuo brano. In questo caso però l'autore ha preferito scrivere diversamente. Cerchiamo quindi di seguire la sua idea." Etc. etc. Quando però l'errore è troppo evidente, allora si potrà correggere - spesso però, in questi casi, il discepolo se ne rende conto da solo.



LXVI


Nelle cose dell'arte non ha veramente alcun senso applicare quelle categorie o attitudini che sono proprie della vita comune e banale. Ad es. aver fiducia che una mera istituzione, composta da persone quasi mai in carriera (altrimenti non sarebbero lì...) possa formare un nuovo Puccini o un Pavarotti. Ed è incredibile l'attaccamento morboso che molti hanno nei confronti di questi luoghi spesso inutili. Poi ci sono chiaramente delle eccezioni: a Milano insegnava Ponchielli, che appunto formò Puccini e lo aiutò etc. La domanda che ci si deve porre è: "Qual è il mio obiettivo?" Es.: "Voglio cantare al Metropolitan". Se c'è la natura, bisognerà dedicare un tempo per la scelta accurata d'un insegnante (tra i migliori, e possibilmente con una carriera alle spalle), cercando di non provarli tutti perché ciò è segno di instabilità. Dopodiché si mangerà pane, opera e cantanti, e molto dello studio dovrà essere autodidatta (cioè difficile ma più profondo). Quasi tutti coloro che hanno fatto la storia della musica hanno agito così.


LXVII


"Eh ma quello ha i soldi", "Quello ha la raccomandazione", "Quello ha i genitori alle spalle", "Quello ha l'amico che...", etc. L'italiano medio a questo pensa quando vede un altro realizzare i propri obiettivi, lasciando intendere che a pari condizioni lui farebbe altrettanto, o addirittura di più; invece a pari condizioni sarebbe un fesso comunque. LXVIII


Multa aliquot pericula nobis uel nobis intenduntur, et saepe ex his tenemur; sed auemus contra agere proelia siue quasi numquam gemere de his. Multa quin nos sollicitare suspicor: necessarium contendere.

LXIX


In poesia ogni tema, carattere o personaggio ha bisogno dello stile suo proprio, e in questo sono assolutamente d'accordo con Orazio: singula quaeque locum teneant sortita decentem. Il poeta dunque deve essere capace di cambiare registro a seconda dell'opera; e tuttavia la difficoltà consiste in questo: e cioé nel cambio non deve esserci un cambio di personalità; il lettore non deve percepire o avere la sensazione che l'opera sembra essere d'un altro. Il Verdi del Macbeth è lo stesso di Falstaff, nonostante in mezzo vi siano circa cinquant'anni di distanza e le opere siano diametralmente opposte. Questo è possibile a patto che vi siano motivi conduttori che facciano da collante. In Verdi ad es. è un suo particolare modo di armonizzare, o un certo carattere virile nelle melodie, o ancora la ricerca costante del vero. Io utilizzo sia il verso libero che la metrica, ma il motivo conduttore è sempre lo stesso: verismo, passione, nudità. Queste caratteristiche emergono sempre. Tuttavia dirò anche che i Notturni rappresentano fedelmente quello che sono, ovvero il mio stile naturale; qui ho infatti trovato una quadra, un giusto equilibrio tra ritmo incalzante, verità, linguaggio arcaico e moderno etc. I Notturni rappresentano anche il mio periodo maturo. Il problema però è che questo stile, sebbene a me conforme, potrebbe non adattarsi ad un certo soggetto (ad es. al mio poema sulla Maddalena); ho anche fatto delle prove e il risultato non è buono, poiché il carattere del personaggio ne viene compromesso (accentuerebbe troppo il suo aspetto virile, coraggioso etc., a discapito della dolcezza, del candore, che pure ho voluto infondere).


LXX


Una delle peggiori tragedie che possano accadere ad un individuo è la seguente: non essere all'altezza né della vita vissuta nel quotidiano, né di quella vissuta nei momenti supremi, storici (qui l'obiettivo non è quindi nemmeno la mera sopravvivenza, ma la proiezione sbiadita, impotente e olografica di sé).












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